La disciplina della Mindfulness sovente viene confusa con la pratica di meditazione, creando confusione sulle vere potenzialità trasformative della Mindfulness stessa. In un’epoca in cui la comunicazione spesso non è chiara, pulita e impeccabile, è naturale crearsi false convinzioni sulle tecniche di lavoro interiore. Oggi andiamo proprio a parlare delle differenze tra meditazione e mindfulness.
Che cos’è la Meditazione
Le pratiche meditative appartengono all’essere umano da sempre. Da quando esiste l’Umanità su questa Terra, esiste anche la meditazione. Nelle antiche culture che noi conosciamo, la meditazione era una pratica fondamentale per coltivare il risveglio spirituale e la connessione con il divino. Al di là della religione, veniva utilizzata per ritrovare dentro di sé la strada della spiritualità.
Meditare significa innanzitutto prendersi del tempo per svolgere la pratica, con costanza e disciplina. Anche se esistono tantissimi tipi di meditazione, un elemento comune a tutte è quello di mantenere una costante attenzione al respiro, orientando così tutti i nostri sensi dentro di noi. Le principali meditazioni possono essere suddivise, per facilitare la comprensione, in alcune categorie, anche se non è certo un elenco esaustivo:
- meditazioni statiche: in questo tipo di pratica, ci sediamo in una posizione comoda, chiudiamo gli occhi, e semplicemente restiamo in connessione con il nostro respiro, lasciando che il corpo e la mente piano piano si rilassino e che la nostra attenzione si focalizzi sull’atto del respirare. La meditazione Vipassana è forse l’esempio più conosciuto in questa categoria;
- meditazioni dinamiche: molte di queste meditazioni sono state insegnate da Osho, oltre che da altri grandi maestri spirituali; si tratta in questo caso di forme meditative attive, in cui manteniamo gli occhi chiusi e l’attenzione al respiro ma nel frattempo ci muoviamo con il corpo (magari al ritmo di una musica particolare);
- meditazioni con visualizzazione: esistono forme di meditazione in cui possiamo compiere una sorta di “viaggio”, visualizzando o immaginando determinati passaggi con un obiettivo particolare: per esempio, visualizziamo noi stessi in un bosco, ci immaginiamo mentre abbracciamo un albero e chiediamo qualcosa, oppure mentre ci connettiamo con la Terra per lasciar andare qualcosa, ecc.
- meditazioni contemplative: in questo tipo di meditazione, portiamo l’attenzione non solo al respiro, ma anche a qualcosa di esterno a noi da “contemplare”, come per esempio una candela, l’orizzonte, un albero in lontananza, oppure una luce immaginaria nel nostro terzo occhio ecc. L’obiettivo è sempre quello di restare ancorati a qualcosa di diverso dalla nostra mente.
Nelle pratiche di meditazione, possiamo imparare a fermarci e a entrare più profondamente dentro di noi, per percepire spazi interiori che di solito non godono della nostra attenzione. Questo è utile per coltivare uno spazio di rilassamento, per recuperare energia e sentirci più riposati, per inserire nella nostra quotidianità un momento di contatto con noi stessi.
Oggi, nella nostra società contemporanea, la maggior parte di noi conduce ritmi frenetici e riceve costantemente un numero enorme di input dall’esterno. Viviamo immersi negli stimoli visivi, uditivi, emotivi. E’ uno stile di vita profondamente diverso dalle antiche civiltà che basavano il risveglio spirituale sulle pratiche meditative.
Per condurre un lavoro profondo di trasformazione interiore, dunque, il solo utilizzo della meditazione risulta insufficiente, in quanto resta separata dalla vita quotidiana. Se ci concediamo di meditare per dieci minuti ogni giorno e basta, creiamo una sorta di separazione tra la pratica e la quotidianità. Diventa un atteggiamento simile a quando pratichiamo sport: vado tre volte a settimana a pilates, poi per il resto del tempo vivo la mia vita. Certo, avrò dei benefici che nel tempo “si stabilizzano” anche nella quotidianità, cioè migliorerà la mia postura, i miei muscoli saranno più forti, ma durante le mie giornate penserò e farò tutt’altro.
Che cos’è la Mindfulness
La Mindfulness è una pratica che “contiene” la meditazione, ma è anche molto di più. E’ una disciplina che si fonda su un obiettivo ben definito: imparare a vivere nel Presente, attraverso l’auto-osservazione di sé e il riconoscimento dei meccanismi automatici.
Praticare Mindfulness significa in sostanza lavorare su 2 fronti:
- attraverso la meditazione, imparare a esplorare i nostri spazi interiori in modo non-giudicante, accogliente e curioso; in questo caso la meditazione è solo un mezzo per arrivare a connetterci con il nostro sentire, per creare uno spazio di connessione con il nostro Essere profondo, nel quale troviamo risposte, intuizioni, comprensioni; è un mezzo di auto-osservazione da uno spazio di quiete, che ci permette di riconoscere nitidamente quello che si muove dentro di noi al di là degli automatismi mentali;
- attraverso gli esercizi di presenza nell’azione, cioè stimolando l’auto-osservazione durante la nostra vita quotidiana: mentre faccio la doccia, resto presente a tutto ciò che accade, cioè ai miei sensi che percepiscono il rumore dell’acqua, la sensazione sulla pelle, il profumo del sapone ecc., ai pensieri che la mente produce, alle sensazioni interiori che sto provando; come se volessi costruire un testimone che osserva ciò che accade in me.
La vera potenzialità della Mindfulness, quindi, risiede nel fatto che portiamo la pratica nella quotidianità, mentre siamo attivi nel mondo. Posso auto-osservare me stessa mentre faccio la spesa, mentre passeggio, mentre mangio, mentre mi lavo i denti. Cosa sta facendo la mia mente? Com’è la postura del mio corpo? Quali sono le mie emozioni? Queste sono le domande che possiamo porci nel qui e ora, per imparare ad osservarci e a risvegliarci all’energia della presenza.
La mindfulness e gli automatismi nella vita quotidiana

Gli automatismi con cui agiamo nel mondo, possono essere osservati solo nel qui e ora, mentre accadono.
La non-presenza è una forma di addormentamento della coscienza che ci induce a parlare, pensare, agire, scegliere in modo meccanico, come automi. Parliamo senza avere la piena consapevolezza di quello che stiamo dicendo (infatti le nostre frasi sono piene di “cioè, ovviamente, certamente, no?, allora ecc.). Compiamo scelte sulla base di meccanismi mentali che ci condizionano attraverso le forme pensiero (per paura di non riuscire, rinunciamo; per la preoccupazione dell’ignoto, non cambiamo niente ecc.). Le nostre azioni sono condotte da forze inconsce che ci governano (il senso del dovere, il bisogno di avere ragione, la paura di risultare inadeguati, la sensazione di non valere ecc.).
L’auto-osservazione durante l’azione ci permette di accorgerci di ciò che davvero ci governa, cioè meccanismi mentali cristallizzati e emozioni represse che ci portiamo dietro da tanti anni.
Qual’è la differenza tra meditazione e Mindfulness?

Forse adesso appare più chiara la vera differenza tra la disciplina della Mindfulness e le pratiche meditative: la prima contiene la seconda, ma è anche molto di più.
Se vogliamo davvero fare un salto di consapevolezza, utilizzare la sola meditazione ci farebbe rallentare il processo di molto molto tempo. Applicare invece l’auto-osservazione nell’azione ci permette di velocizzare il processo di risveglio dagli automatismi meccanici.
Quando pratichiamo la meditazione in ottica Mindfulness, non cerchiamo il rilassamento, il riposo o l’aumento di energia, bensì applichiamo l’auto-osservazione in uno spazio di connessione e di sospensione delle attività, per cui diventa un ulteriore strumento per coltivare la consapevolezza di sé. In una meditazione Mindfulness, andiamo a esplorare più in profondità soprattutto le emozioni, che spesso nella quotidianità sfuggono alla nostra attenzione.
l disagio emotivo è qualcosa da cui tentiamo di scappare, mentre è fondamentale incontrarlo e riconoscerlo per quello che è in modo da poterlo poi trasformare.
Inoltre, abbinando le pratiche di presenza nel qui e ora durante l’azione, operiamo una sorta di trasformazione alchemica di ciò che non è reale.
Facciamo un esempio concreto. Se ogni volta che il tuo partner guarda un’altra donna, anche involontariamente, tu ti arrabbi e inizi a inveire dietro di lui dicendogli che deve smetterla di guardare le altre, che allora vuol dire che non ti ama, stai agendo un automatismo meccanico.
Cosa puoi fare dunque in un’ottica di lavoro interiore?
- puoi lavorare con la meditazione, entrando in contatto con il respiro e mantenendo l’attenzione al tuo interno, concedendoti di percepire la rabbia da uno stato di maggior connessione; in questo spazio puoi chiederti “cosa mi fa realmente arrabbiare?”, e resti in ascolto di ciò che accade dentro di te, senza cercare risposte mentali preconfezionate;
- puoi scegliere di aumentare l’attenzione e la presenza mentre ti arrabbi con il tuo partner: rimanere curiosamente attenta alle parole che dici, alla postura del corpo, a cosa la mente ti sta dicendo; puoi osservare te stessa mentre agisci la rabbia.
Dopo un po’ di volte, avrai sicuramente degli indizi più chiari: magari scopri che si attiva dentro di te la paura di rimanere sola, oppure ti accorgi di una forma pensiero che ti dice “non vali niente, non sei abbastanza bella”, o ancora semplicemente ti rendi conto che anche tu hai piacere di guardare la bellezza di altri uomini e però il tuo giudice interiore ti attacca dicendoti che sbagli e quindi in automatico tu attacchi il tuo partner giudicandolo.
In effetti, tutto questo riguarda solo te, è una parte di te da guarire, da trasformare, da portare alla luce della consapevolezza in modo che non ti conduca più in automatico nella re-azione emotiva.
Ecco che l’abbinamento delle pratiche formali (meditazioni esplorative) e delle pratiche informali (presenza nel qui e ora durante l’azione), di cui si compone la disciplina della Mindfulness, ci portano velocemente a conoscere delle parti di noi che altrimenti rimarrebbero oscure.
Limitarci alla sola meditazione non ci farebbe risvegliare la capacità di auto-osservarci nella quotidianità, pertanto ci potrebbe nel tempo portare a chiederci come mai nella nostra vita non cambia niente.
Dott.ssa Annalisa Chelotti