L’Olivia era una giovane donna di circa 40 anni, che apparentemente aveva una vita piuttosto soddisfacente: un lavoro che le piaceva, una casa come se l’era sempre immaginata, una serie di amicizie sane con cui condividere i momenti liberi.
Ma nel suo intimo viveva la solitudine profonda di chi si sente disconnesso dall’amore. E per riempire questo vuoto ogni sera si abbuffava di dolci, pasticcini, biscotti, cioccolata… fino poi a stare male, talvolta anche a vomitare.
“Non ho mai avuto una relazione stabile con un uomo, vorrei tanto potermi aprire a questa possibilità” ci disse nella prima seduta di psicobiologia delle emozioni, (metodo che io e Luca conduciamo insieme).

Il viaggio nei demoni del passato
Iniziammo il lavoro chiedendo a Olivia di parlarci un po’ del suo sistema di origine.
Emerse subito un quadro particolare: sua madre era morta quando lei era ancora molto giovane, e suo padre ancora in vita aveva trovato una nuova compagna dopo poco tempo, ma ancora oggi pareva dipendente da Olivia in tutto e per tutto. Era un uomo molto richiedente, che attraverso il lamento riusciva a fare in modo che Olivia fosse sempre al suo servizio, ma in realtà era una forma di controllo che operava su di lei.
Olivia era divorata dai sensi di colpa, non riusciva a sottrarsi al controllo paterno e di conseguenza non poteva avere una vera e propria libertà di azione e di movimento: ogni volta che tentava di organizzare un viaggio, dopo poco rinunciava e con sforzo tirava avanti. Inoltre, dentro di lei era rimasta vivida l’immagine della madre sofferente, che aveva dovuto accudire negli ultimi mesi di vita, e che le aveva esplicitamente chiesto sul letto di morte di badare al padre dopo la sua dipartita.
Una schiavitù non desiderata, dettata dall’idea di dover essere sempre al servizio del padre per potersi ritenere una brava figlia, e per avere l’illusione di onorare la volontà della madre.
Non poteva esserci spazio per una relazione di coppia.
Ma tutto questo portava poi a compensare con i dolci, unico modo che Olivia aveva trovato per “nutrirsi” di quella dolcezza che le mancava sul piano emotivo e relazionale.
Nelle prime tre sedute, io e Luca abbiamo aiutato Olivia a entrare insieme a noi nel suo profondo inconscio, abbiamo incontrato la sua rabbia repressa, che teneva nascosta anche a se stessa fin da quando era molto piccola, e che aveva governato grazie al senso di colpa e a un Io giudicante che la costringeva ad agire da brava bambina che aiuta papà e mamma, che li consola, che fornisce loro tutte le soddisfazioni possibili.
Mentre si permetteva finalmente di sentire quella rabbia, si accorse che la scelta dell’università era stato un modo per accontentare papà, che desiderava tanto fare architettura… si accorse che la casa che aveva acquistato corrispondeva proprio alla casa dei sogni della madre: una piccola mansarda affacciata sul Po, con il legno per terra e le tendine di pizzo bianco. Man mano che si accorgeva di tutte le connessioni al suo passato, la rabbia aumentava, fino a diventare un impeto interno che finalmente può sostenere il “no”, il confine protettivo, la scelta assertiva libera.
Olivia si dette il permesso di lasciar andare le sue difese, di guardare in faccia i suoi demoni, e di prendere coscienza di una memoria cellulare proveniente dalla sua lontana infanzia, che l’aveva costretta a vivere in un copione adattivo più che nella libertà dell’essere.
Si rese conto che quella rabbia repressa nei confronti dei suoi genitori non era altro che un urlo di protesta di quella piccola bambina che in realtà voleva solo giocare, sentirsi apprezzata e coccolata, sostenuta e guidata, e che non aveva davvero le risorse e la forza di poter “accudire” i genitori facendosi carico dei loro bisogni. Si rese conto di quanto si era solo protetta dalla relazione con gli uomini, perché nel suo profondo c’era il terrore di essere di nuovo snaturata, sfruttata, controllata.
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Il sorriso negl'occhi
Alla quarta seduta, che avevamo fissato con un intervallo di due mesi, per dare a Olivia la possibilità di stabilizzare il processo interiore, arrivò da noi con una nuova luce negli occhi, una luce “sorridente”. Aveva dei vestiti differenti, più colorati, e sembrava anche leggermente dimagrita.
“Ho incontrato un uomo speciale!” esclamò ancor prima di sedersi sulla sua poltrona.
Quella fu la seduta della celebrazione, della commozione e del perdono di sé e dei propri meccanismi. Fu la seduta della connessione con l’amore per se stessa, della gratitudine verso le sue risorse e anche verso le sue difese che l’avevano comunque protetta quando serviva. Fu la seduta della vera guarigione interiore, perché Olivia, libera finalmente dalla rabbia repressa, aveva imparato a dire di no alle continue richieste del padre, a lasciare a lui la sua responsabilità, si era sottratta al suo controllo smettendo di rispondere alle numerose telefonate quotidiane che lui le faceva.
Aveva messo in vendita la sua casa e stava cercando qualcosa che davvero fosse il suo sogno. E in tutto questo, si era accorta una sera di non aver più il richiamo compulsivo del frigorifero: si sentiva più connessa, più piena. Non perché aveva incontrato quell’uomo speciale, ma perché aveva rincontrato se stessa e aveva permesso alla sua piccola bambina arrabbiata di potersi esprimere, integrando dentro di sé ogni parte scissa e ritrovando dunque l’unità del Cuore.