Come gestire lo stress da lavoro e guarirlo grazie agli esercizi Mindfulness

La vita umana si dipana attraverso due grandi ambiti: quello personale e quello professionale. La maggior parte degli adulti divide il tempo tra il lavoro e le relazioni (con se stessi e con gli altri). Dunque la dimensione lavorativa occupa molto tempo e molta energia, pertanto risulta essere un caposaldo importante per il ben-essere (o malessere) di un individuo. Oggi parleremo della sfera lavorativa e di come gestire lo stress da lavoro con la Mindfulness!

Che cos’è lo stress da lavoro?

In questo momento storico, il lavoro è spesso un elemento critico che genera numerosi riflessi emotivi, dalla rabbia all’ansia, dalla frustrazione alla paura, alla confusione: riflessi che in sostanza, poi, si trasformano in stress. Possiamo provare a suddividere in tre casistiche ciò che stiamo vivendo nell’ambito lavorativo:

  • Una parte della popolazione, oggi, ha perso il lavoro e non riesce a trovarne un altro: in questo caso, la reazione automatica sarà quella della rabbia, mista alla paura di non riuscire ad avere il denaro sufficiente per poter vivere degnamente; siamo di fronte a una categoria di persone che si sentono impotenti, vittime di un sistema che non le ha tutelate e che credono che sia qualcun altro a doversi occupare di dare lavoro alla gente (nella fattispecie, lo Stato, l’autorità);
  • Un’altra parte della popolazione invece, si ritrova a lavorare molto più di prima, con ritmi intensificati e orari disumani; in questo caso, la reazione emotiva è spesso quella dello stress, che sorge quando sembra che tutto sfugga di mano: non si riesce a mantenere un ritmo nell’evasione degli impegni, siamo in ritardo cronico sulla conclusione di compiti e mansioni, rincorriamo le scadenze e ci sentiamo in grande affanno;
  • Alcuni, infine, stanno iniziando a farsi domande in merito al tipo di lavoro che stanno facendo o che facevano, al tipo di lavoro che invece vorrebbero fare, e a quali risorse possono attingere per “creare” un lavoro su misura.

Quale è la differenza tra i primi due casi e il terzo? Nei primi due casi, tutte queste persone vivono nell’identificazione con la paura e l’ansia, perché credono di essere impotenti di fronte agli eventi e alle decisioni che vengono prese all’esterno. Queste persone si ritrovano a soffrire a causa di convinzioni limitanti registrate nella loro personalità, che loro stesse non riconoscono e quindi ne sono vittime.

I condizionamenti sociali che riceviamo durante la nostra educazione sono molto potenti, e spesso ci indirizzano verso l’idea di dover studiare per avere competenze sufficienti a trovare un lavoro “sicuro”, fino alla pensione, per poi (forse) riuscire a goderci la vita da vecchi. Secondo il credo collettivo, il lavoro e le passioni sono ben separati:

  • il lavoro deve essere uno strumento che porta denaro per sopravvivere;
  • le passioni semmai si possono coltivare nei rari momenti liberi, giusto per indorare la pillola. Lavoro, talenti e vocazioni sono mondi separati, che non comunicano.

Dunque la maggior parte di noi, durante la crescita, inizia a mettere da parte le proprie aspirazioni per adeguarsi a un modello che prevede di cercare un lavoro tanto per avere dei soldi.

Si produce così uno scollamento tra ciò che “dobbiamo” fare e ciò che vogliamo (o vorremmo) fare. E questo scollamento spesso dura tutta la vita.

Diventiamo degli automi che si alzano la mattina, vanno a lavorare un tot di ore al giorno, producendo stress, insoddisfazione, frustrazione, rabbia, e aspettiamo tristemente che questa schiavitù finisca nel momento in cui andremo in pensione.

Nel frattempo, le passioni vengono dimenticate, riposte in un cassetto della coscienza, tenute segrete anche a noi stessi.

stress da lavoro

Stress da lavoro e sintomi fisici

Questo meccanismo produce un profondo tradimento di noi stessi, dei nostri ideali, del nostro essere creativi, della nostra unicità, e di conseguenza tutto questo a un certo punto diverrà sintomo fisico.

La sofferenza umana si deposita nel corpo, durante i mesi e gli anni, trasformandosi da materiale psichico a materiale somatico. Lo stress da lavoro a cui sottoponiamo noi stessi ogni giorno, genera numerosi processi fisiologici e ormonali che minano organi e funzionalità del nostro corpo.

C’è chi sviluppa ipertensione, chi invece inizia a soffrire di problemi cardio-vascolari, renali, epatici, gastrici. C’è chi non riesce più a dormire o a riposarsi irrigidendo il corpo e producendo così malattie osteo-articolari. C’è poi chi rivolge inconsciamente la rabbia verso se stesso/a sviluppando addirittura malattie autoimmuni.

Prima però di arrivare a questo estremo, ognuno di noi può accorgersi in tempo della propria sofferenza, e forse iniziare a prendersene cura. Il primo passo per far questo, è smettere di credere “normale” ciò che vediamo che la maggior parte della gente fa!

Il fatto che la maggior parte della gente soffra in relazione al lavoro, non significa che questo sia “normale”! Anzi! Di solito, ciò che viene adottato come modello di comportamento dalle masse, è qualcosa di indotto a livello socio-educativo, e quindi qualcosa di cui “diffidare”. Come le fake news.

Pertanto, il primo passo per accorgerci di questo grande inganno, è quello di iniziare ad ascoltare i sintomi della nostra sofferenza:

  • la pesantezza,
  • la stanchezza,
  • la mancanza di entusiasmo,
  • l’insoddisfazione,
  • la frustrazione.
  • Questi materiali emotivi e fisici, sono i segnali che qualcosa non funziona, che il nostro comportamento non è allineato con ciò che chiede a gran voce la nostra Anima.

Stress da lavoro: cosa fare?

Come possiamo migliorare dunque il rapporto tra noi e lo stress da lavoro che proviamo? Il primo passo è quello di fermarci e iniziare a osservare noi stessi. Quali sono le emozioni che si muovono in me riguardo al lavoro che faccio (o che non faccio perché non riesco a trovarlo)?

Cosa fa il mio corpo quando lavoro o penso al lavoro? Si irrigidisce? Si sente più pesante?

Diventare consapevoli di come il nostro apparato psico-fisico reagisce al problema è il primo fondamentale passo verso una trasformazione.

Il secondo grande passo è quello di iniziare a chiedersi: cosa so fare veramente molto bene? Cos’è che mi piace fare e che mi da grande soddisfazione? Cos’è che, quando mi metto a farlo, mi da la sensazione che non esista più il tempo? Che cosa mi appaga e mi rilassa?

Se riusciamo a porci queste domande oltre la mente razionale, abbiamo la possibilità di iniziare un dialogo con la nostra coscienza, con la parte più profonda e saggia di noi stessi, da cui scaturiscono risposte in linea con la nostra Anima.

E’ importante lasciar andare qualsiasi attaccamento al “come dovrebbe essere”, adottando la mente del principiante e liberandoci dalle aspettative legate al “risultato”.

L’unico vero risultato a cui aspirare è quello evolutivo, per cui tutto il resto dovrebbe allinearsi a questa frequenza.

Prendersi del tempo per ricontattare i nostri talenti, per riconoscere le nostre risorse, per sentire profondamente cosa ci piace, cosa ci nutre, cosa sappiamo fare bene e senza sforzo, è un atto sacro di risveglio della coscienza, nonché un atto di amore e di responsabilità verso noi stessi e verso la parte divina che incarniamo, e che sa di essere qui con un senso e per un Servizio.

stress da lavoro e mindfulness

Guarire lo stress da lavoro grazie alla Mindfulness

Si può guarire dallo stress da lavoro, quando comprendiamo veramente che il lavoro non può essere scisso dai nostri talenti, dalle nostre aspirazioni e vocazioni, da ciò che sappiamo fare davvero bene e con fluidità, da ciò che ci viene spontaneo, da ciò che è innato in noi e che ha il potere di rendere un Servizio agli altri.

In altre parole, quando il lavoro diventa parte della nostra missione, allora guariamo.

Che cos’è la missione?

Ogni Anima arriva qui sulla terra con una sfumatura unica e irripetibile. Ci possiamo immaginare questo principio come una sfumatura di colore, una sfumatura di suono, una sfumatura di vibrazione.

Ogni Anima ha avuto e avrà un percorso evolutivo unico e irripetibile, da cui deriva questa sfumatura.

Dunque, non esiste nessun altro essere umano uguale a noi, con la nostra stessa missione. La missione è il risultato di questa sfumatura: è qualcosa che posso fare io e solo io, adesso, qui.

E’ qualcosa che può sgorgare solo dal magico insieme delle mie caratteristiche interiori, delle mie risorse, del mio scopo evolutivo, della mia storia e delle mie precedenti incarnazioni.

E’ una sinfonia di talenti che posso mettere a disposizione mia e degli altri, con armonia e fluidità. E’ una danza perfetta tra chi sono io e cosa sono venuta a fare proprio ora sulla Terra.

Dunque, fare in modo che il lavoro rientri in questo grande contenitore che è la missione, significa risvegliare il nostro cuore e portare nel mondo bellezza, armonia ed equilibrio, gioia e soddisfazione, bene condiviso e abbondanza.

Tutti noi sappiamo fare bene qualcosa, abbiamo dei desideri profondi, abbiamo dei sogni, delle immagini di successo e di abbondanza. Bisogna solo riconoscerli per poi incarnarli.

Dobbiamo avere il coraggio di guardare in uno spazio che ci siamo dimenticati: il nostro spazio interiore, la nostra intuizione, il nostro cuore.

Proviamo a recuperare quella parte autentica che agivamo da bambini, quella parte spontanea, vera, intatta, immaginifica che faceva parte di noi e che abbiamo poi sepolto crescendo. Proviamo a ri-cordare. Proviamo a ri-conoscere. E allora il primo grande passo è già compiuto.

Se ci permettiamo di procedere prima dal punto di vista della coscienza, attivando le giuste vibrazioni e frequenze, la materia poi si adeguerà. Come e in quali tempi non è più affar nostro. La fede poi ci può guidare verso le strade più consone per realizzare nel mondo ciò che prima ha vibrato nel cuore.

Costruire una società in cui ogni individuo lavora in alleanza con il cuore, esprimendo il suo vero Sé, significa dare alla luce un nuovo mondo, pieno di fratellanza e sorellanza, basato su principi etici e amorevoli, in cui ognuno ha il suo posto e quel posto è perfetto perché è unico e non sostituibile.

Significa risvegliare quello che per secoli è stato tenuto in uno stato di addormentamento: l’archetipo del guerriero, che esiste dentro ognuno di noi. Quel guerriero amorevole che combatte in nome della libertà, della responsabilità, della bellezza e dell’amore incondizionato tra creature umane e spirituali al contempo.

Come applicare la Mindfulness allo stress da lavoro

Una buona pratica di Mindfulness che possiamo utilizzare è la seguente:

  • In uno stato di rilassamento vigile, in cui la tua coscienza osserva il respiro e tutto ciò che c’è (pensieri, sensazioni ecc.), inizia a chiedere di trovare la tua strada per metterti al Servizio; la domanda può essere per esempio: “Come posso mettermi al Servizio attraverso il lavoro?”, oppure “Cosa posso fare per mettermi al Servizio lavorando?”.
  • Lascia che la risposta automatica della mente razionale possa scivolare via come una foglia sospinta dal vento, e rimani in ascolto di una parte di te più profonda e autentica;
  • Non è detto che la risposta vera arrivi al primo colpo, magari c’è bisogno prima di fare spazio, dunque un buon modo è quello di ripetere questa pratica ogni giorno per tanti giorni quanti ne servono affinché il tuo essere si apra e comunichi con te, attraverso intuizioni, sogni, sensazioni, sincronicità.

Per trovare o creare il lavoro più adatto a te, è necessario che prima tu ritrovi te stesso/a e tu ti riconnetta allo spazio del cuore.   

Dott.ssa Annalisa Chelotti

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