La relazione tra un essere umano e il cibo di cui si nutre rappresenta un archetipo molto potente da due punti di vista: quello della sopravvivenza terrena del corpo fisico e quello dell’esistenza manifestata attraverso la luce dell’Anima.
Proprio per questa ragione tutti i popoli di tutte le epoche e di ogni parte del pianeta hanno posto particolare attenzione al cibo, considerandolo una vera e propria terapia di guarigione.

L’approccio al cibo nell’antichità
Da un punto di vista antropologico, possiamo dire che le antiche civiltà hanno mostrato molte similitudini in merito alla filosofia di vita, e anche sul cibo ci sono alcuni aspetti che ritornano, sia che andiamo a studiare gli antichi testi vedici dell’India, sia che cerchiamo nella medicina tradizionale cinese o nell’alchimia essena, sia che ci tuffiamo nelle nostre origini andando a leggere i trattati di Paracelso e di Ippocrate.
Il cibo è vita, il cibo è medicina, il cibo è benessere. Questo è il messaggio che ci hanno lasciato i nostri avi, in modo molto chiaro e nitido. Ma allora perché oggi nella nostra società tecnicista la maggior parte delle persone si ammala attraverso il cibo?
Come mai non siamo più in grado di trarre i dovuti benefici dai nutrienti che immettiamo nel corpo?
Per rispondere a questa domanda, è necessario fare due riflessioni fondamentali:
– L’occidente ha perso l’innata saggezza del rito e del sacro: perdendosi dietro al meccanicismo e ai ritmi frenetici di una vita votata alla produzione, al consumo, al profitto e al potere sottrattivo, si è dimenticato le origini antiche e ha reso l’atto del mangiare un qualcosa da fare più in fretta possibile e così come capita, per non sottrarre tempo prezioso alla produzione;
– L’occidente è stato abbagliato dall’idea dell’accumulo di denaro e di potere, per cui ha reso il cibo una vera e propria merce, da trattare come tutte le altre, in modo che possa dare il maggior profitto con il minimo sforzo, dando origine così a coltivazioni intensive e a cibi industriali pieni di additivi chimici e privi di un reale contenuto di nutritivi essenziali per la salute umana.
L’essere umano oggi si trova a mangiare dei prodotti che si possono chiamare “cibo” con grande difficoltà!
Sono piuttosto un ammasso di sostanze chimiche atte alla conservazione, come edulcoranti, coloranti, additivi. E si trova a farlo in un tempo sempre più breve, per cui molti di noi mangiano un panino davanti al pc o ingurgitano un piatto di pasta durante una compulsiva riunione di lavoro, generando ulteriore stress e accumulando una serie di tossine nel corpo.
Vuoi ricevere il nostro corso gratuito “I 7 Pilastri della Mindfulness” + una sorpresa bonus ?

Come recuperare un contatto più autentico con il cibo
Ognuno di noi può, individualmente, invertire la rotta della civiltà occidentale e recuperare un contatto più profondo e benefico con il cibo, attraverso tre attitudini fondamentali da coltivare:
1. L’attitudine a lasciarsi stupire: possiamo iniziare a “incontrare” il cibo attraverso i nostri cinque sensi, praticando presenza durante la preparazione dei pasti. Lasciarsi stupire dalla bellezza delle forme, dall’esplosione di colori che avviene quando mettiamo insieme più verdure, dall’aroma che sprigiona una pietanza mentre cuoce, significa connetterci con gli elementi sottili che il cibo stesso possiede, affinché il nutrimento non sia solo del corpo fisico, ma anche del corpo sensoriale e quindi del cervello;
2. L’attitudine a coltivare il sacro: bisogna imparare a rallentare i nostri ritmi e possiamo farlo iniziando a prendere più spazio per almeno uno dei tre pasti principali della giornata, immaginando di rendere quel momento sacro; ciò significa porci nei confronti del cibo come se fosse la prima (o l’ultima) volta che stiamo mangiando, quindi permettendoci di godere del momento tutto per noi, come se fosse ogni volta il più grande dono che ci possiamo fare;
3. L’attitudine a creare un rituale: dopo un po’ di tempo, di solito ci stufiamo di fare sempre le stesse cose e cerchiamo qualche novità che possa fungere da diversivo; invece è necessario perseverare nella sacralizzazione del cibo e dell’atto del mangiare, affinché nel tempo divenga un vero e proprio rituale di benessere e di centratura, da dedicare a noi stessi come atto di amore incondizionato: si tratta di compiere tutti i gesti in presenza, in modo consapevole, gustando ogni istante e nutrendo l’Anima con la gratitudine e il senso di appartenenza a un tutto che ci sostiene donandoci le materie prime necessarie al nostro sostentamento.
La presenza nel mangiare, a partire dalla scelta e dalla preparazione del cibo, è una pratica che riduce notevolmente l’impatto dello stress nel nostro organismo.
Numerose ricerche scientifiche hanno dimostrato la relazione inscindibile tra cibo, attenzione consapevole e benessere inteso come calma armonica ed equilibrio. Sono davvero tanti, oggi, i nutrizionisti, i dietologi, i medici che si occupano di problemi gastrointestinali, che si sono aperti alle pratiche della mindful eating e che riscontrano ogni giorni immensi benefici nei loro pazienti, derivanti dal cambiamento della relazione con il cibo e con l’atto del mangiare.
Dunque oggi possiamo utilizzare uno strumento in più per gestire lo stress quotidiano: recuperare almeno un’ora al giorno da dedicare a noi stessi attraverso la preparazione di un pasto sano, in presenza, come un rituale sacro che risuona nelle viscere della nostra memoria ancestrale