ego e mindfulness

Che cos’è l’Ego e come puoi osservarlo con la Mindfulness

Da un punto di vista psicologico, l’ego si può definire come una struttura complessa che guida i nostri modi di pensare, di comportarci, di esternare o meno le emozioni. Viene chiamato anche personalità , o carattere, nel linguaggio comune. Questa struttura si costruisce nell’infanzia, dal momento in cui il cervello si sviluppa dal punto di vista cognitivo: sulla base degli insegnamenti e dei comportamenti degli adulti di riferimento, impariamo alcuni “schemi” di pensiero che poi pian piano si cristallizzano fino a diventare la nostra personalità .

Che cos’è l’ego

Cerchiamo di approfondire che cos’é l’ego, per riuscire a comprendere meglio cosa significa.

Ognuno di noi tende a “definirsi” in molti modi, cioè a percepisce un senso di identità  nel momento in cui attribuisce a se stesso una serie di caratteristiche, ruoli di appartenenza e visioni del mondo. In particolare, possiamo cercare di definire l’ego attraverso i seguenti punti:

  • caratteristiche della personalità : molte definizioni che diamo a noi stessi fanno parte del nostro ego; diciamo di noi stessi che siamo timidi, siamo gelosi, siamo irascibili, siamo ansiosi, siamo possessivi ecc. Ogni volta che ci definiamo, creiamo un limite alla nostra grandezza e ci identifichiamo nella nostra struttura della personalità ;
  • ruoli di appartenenza: il nostro ego ha bisogno di sentirsi parte di qualcosa, per cui spesso ci troviamo a dire di noi stessi che “siamo” un ruolo: siamo madri, donne, uomini, compagni, figli, ingegneri, insegnanti, cattolici, juventini ecc. All’interno di ogni ruolo noi abbiamo sviluppato delle convinzioni su come dobbiamo comportarci per essere “bravi” dentro quel ruolo, pertanto tenderemo a forzarci per poter adempiere al massimo a queste convinzioni;
  • visioni del mondo: all’interno dell’ego si nascondono molteplici credenze su come “deve essere” qualche aspetto del mondo; sono i nostri credi mentali che ci guidano nelle scelte e nelle valutazioni della vita. Se crediamo che sia giusto prevaricare sugli altri, questo credo guiderà  le nostre azioni.

L’ego dunque è un sistema di forme-pensiero con il quale siamo fortemente identificati. Vale a dire che siamo convinti di essere tutto ciò in cui crediamo. E’ come aderire ciecamente ad una programmazione mentale che abbiamo ricevuto da piccoli, durante gli anni in cui si sviluppava la neo-corteccia, cioè la parte più evoluta del nostro cervello, vale a dire entro i primi 2/3 anni di vita.

Nel momento in cui un essere umano viene concepito, quando diventa feto e poi embrione, e successivamente quando nasce e vive per la prima volta a contatto con il mondo esterno, inizia ad avvertire determinate caratteristiche che fanno parte del campo energetico di riferimento (il luogo in cui è, le persone che si prendono cura di lui, le prime esperienze piacevoli o spiacevoli). Percepisce in via analogica, cioè senza filtri cognitivi, ma solo attraverso le sensazioni e le emozioni che vive nel corpo, tutto ciò che si muove nel campo di appartenenza. Sente se i genitori sono ansiosi, oppure se la madre soffre di depressione; sente se è voluto oppure no, attraverso la percezione delle espressioni facciali, dell’energia che emanano le figure di riferimento. Sente il dolore o la rabbia o la paura nel caso in cui si trovi a vivere situazioni difficili come operazioni, incubazioni, separazioni dalla madre, oppure nel caso in cui venga trascurato, abbandonato, non accolto.

Queste disfunzioni nel legame di attaccamento fanno in modo che il bambino crei dentro di sé dei meccanismi difensivi utili a sentirsi sempre più accettato dalle figure di accudimento, in modo da garantire al suo corpo fisico la sopravvivenza. Tutti questi schemi difensivi si trasformano piano piano nella struttura della personalità , cioè diventano “copioni” con cui impara a comportarsi e a pensare in relazione a se stesso e al mondo.

Ecco che, nel momento in cui si sviluppa anche la parte cognitiva del cervello (neo-corteccia), il bambino sempre di più struttura il suo ego, e imparerà  a farlo sempre di più e sempre meglio, finché non diventerà  una vera e propria identità , cioè chi crede di essere, dimenticandosi parti importanti di sé, perlopiù quelle autentiche, originarie, pure.

L’identificazione con la personalità  rende l’essere umano una sorta di “maschera”, lo costringe a vivere e ad agire nel mondo sulla base di un ruolo (come un vero e proprio attore) da giocare nel mondo, in uno stato di inconsapevolezza che lo rende “meccanico” e che produce molta sofferenza.

L’ego è dunque una specie di “scafandro” che ci costruiamo addosso e con il quale ci identifichiamo così tanto da credere di essere solo quello. E resta per lunghi anni un meccanismo difensivo, che persegue un unico scopo: l’essere e il sentirsi riconosciuti, visti, amati, considerati speciali.

Com’è composto l’ego?

cos é l'ego

All’interno dell’ego, esistono 3 personaggi principali nei quali tendiamo a identificarci e di conseguenza a comportarci:

  1. il giudice interiore: questa parte del nostro ego è dedicata alla critica e al giudizio; contiene tutte quelle convinzioni e forme-pensiero che ci guidano in ciò che è giusto o sbagliato, relegandoci in uno sguardo duale su qualsiasi cosa; le voci con cui il giudice ci parla possono essere, per esempio: sei un buono a nulla perché così non si fa, guarda che razza di incapace, non puoi permetterti di essere felice altrimenti cosa pensano gli altri? Il giudice interiore di solito è impietoso e agisce sia su noi stessi sia sugli altri, inducendoci a valutare qualsiasi cosa entri in relazione con noi: come si vestono le persone, cosa mangiano, come dimostrano l’amore, ecc.
  2. La vittima: siamo identificati in questo spazio del nostro ego ogni volta che pensiamo di essere inadeguati, impotenti, passivi e non abbastanza, oppure quando entriamo nelle varie forme di dipendenza, di lamento, di pretesa, di bisogno compulsivo di ottenere qualcosa dagli altri; è come se una parte di noi fosse rimasta cristallizzata all’età  infantile portandosi dietro determinati atteggiamenti, modi di pensare e di percepire;
  3. Il salvatore: questa parte del nostro ego è quella che tende a compiacere gli altri per ottenere qualcosa (la loro approvazione, il sentirsi “bravi”, l’essere visti); è una parte molto sottile della personalità , che tende a farci essere “buoni”, a dire di sì quando dentro c’è un no, a tentare di aiutare a forza qualcuno che in realtà  non vuole essere aiutato; compiacere e cercare di salvare qualcuno è un atto di profondo tradimento di noi stessi.

La nostra vita, finché viviamo in uno stato di addormentamento della consapevolezza, viene agita da questi 3 spazi, in base alle situazioni esterne che di volta in volta dobbiamo gestire. Nell’arco di una singola giornata, ci spostiamo in questi 3 tratti del nostro ego continuamente, senza sapere che stiamo solo agendo un programma mentale. Il dramma più grande, è che questa identità  fasulla influenza anche la relazione con noi stessi, cioè noi vediamo noi stessi attraverso il filtro dell’ego, e quindi ci trattiamo in base alle credenze e ai condizionamenti contenuti nell’ego stesso.

E’ necessario eliminare l’ego?

cos é l'ego

Vivere un’intera vita dallo spazio dell’ego ci impedisce di riconoscere chi siamo veramente. L’ego è come un tappo che tiene sedate le nostre vere qualità , aspirazioni, caratteristiche insite nella nostra anima. Però l’ego è anche necessario per relazionarci in una società  che di fatto si basa sul giudizio e sulle forme apparenti.

Il punto focale della questione è imparare prima di tutto a riconoscere l’ego, e poi anche a scegliere quando alcune parti dell’ego possono essere funzionali e quando no, anziché agirlo in modo automatico senza sapere che noi siamo molto di più rispetto alla nostra personalità .

Il problema infatti non è l’ego in sé, ma la forte identificazione con esso, e quindi l’inconsapevolezza che ne deriva. L’unica via per disidentificarci dall’ego è illuminarlo con il fuoco della Presenza. Attivare nella nostra coscienza uno spazio di osservazione vigile, di non-reazione, ci permette di riconoscere i meccanismi automatici della nostra personalità, in modo da poter scegliere di agire o di pensare da uno spazio più autentico, dal nostro Essere profondo.

Esistono delle buone “regole di comportamento”, che fanno sempre parte della personalità, che comunque sono utili per poter interagire con la società e anche per raggiungere i nostri obiettivi. Se io mi recassi alla posta indossando solo una foglia di fico, probabilmente non riuscirei a spedire la mia raccomandata…

Facciamo un esempio concreto su come possiamo riconoscere l’ego e tuttavia “utilizzarlo” al nostro servizio quando serve. Se devo sostenere un colloquio di lavoro, per esempio, posso farlo in due modi:

  • da totale addormentata, quindi totalmente identificata con il mio ego: in tal caso, se nell’ego sono archiviate convinzioni di svalutazione, tenderò ad essere ansiosa e preoccupata, penserò che non sono in grado e che il colloquio potrebbe andare male perché non saprò essere all’altezza della prestazione; è probabile che arrossisca, che mi senta impacciata nel parlare, che non riesca a sostenere lo sguardo degli altri, che non trovi il modo di attingere alle mie risorse interiori;
  • da persona consapevole, posso riconoscere in modo distaccato le dinamiche dell’ego descritte sopra, accoglierle in modo amorevole, e agire nel contempo da uno spazio di centratura più profondo che mi permette di rispondere in modo autentico al colloquio, lasciando emergere le mie vere risorse (per esempio, l’empatia, l’ascolto, la capacità  di problem solving ecc.); nel contempo, so che è importante scegliere un certo modo di vestirsi, adottare una certa postura, parlare in modo chiaro e corretto, fare in modo che si possano regolare le emozioni in modo da non esserne travolti.

Dunque la chiave non è eliminare l’ego, visto che è comunque un programma mentale registrato nel nostro inconscio, bensì imparare a riconoscerlo per poter scegliere come e quando usarlo in modo funzionale.

Come osservare l’ego con la Mindfulness

La disciplina della Mindfulness ci insegna proprio a osservare ciò che c’è nel qui e ora, ossia a coltivare la Presenza. La chiave per liberarci dall’identificazione con il nostro ego (e quindi dal pilota automatico che conduce le nostre azioni) è proprio l’auto-osservazione nel momento presente.

Attivare uno spazio di attenzione intenzionale su ciò che accade nel qui e ora significa fare un passo indietro rispetto a noi stessi e osservarci con distacco: in ogni situazione che viviamo, possiamo svegliarci e osservare i nostri pensieri, le nostre emozioni, le nostre pulsioni automatiche di comportamento. E’ solo così che scopriamo cosa è “finto” e costruito e cosa invece di noi è autentico. E’ così che possiamo liberare un potere personale più profondo di qualsiasi altra reazione automatica della personalità, utile a scegliere azioni davvero efficaci.

Nel nostro profondo, noi veniamo al mondo con determinate risorse, con dei talenti, con delle caratteristiche dell’Essere che poi ci dimentichiamo lungo il cammino, imparando a credere che siamo la nostra personalità. Attraverso gli esercizi di Presenza, pian piano recuperiamo la consapevolezza di queste risorse, dello spazio dell’Essere con cui siamo venuti, dell’immensità della nostra coscienza, lasciando andare ciò che non ci appartiene in modo naturale.

Praticare esercizi Mindfulness significa accorgerci di quando ci identifichiamo con il giudice, con la vittima, con il salvatore. Significa accorgerci se stiamo aderendo a un ruolo, a una convinzione, a un tratto del nostro senso di identità. E’ un graduale processo di liberazione da catene invisibili che ci relegano in un automatismo costante, generando insoddisfazione e sofferenza. Liberandoci dall’identificazione con l’ego, ricordiamo chi siamo veramente e trasformiamo i nostri stati d’animo in uno spazio di quiete profonda. Percepiamo maggior soddisfazione, pienezza, leggerezza e autonomia.

Ogni volta che diciamo “sono fatto così” con un atteggiamento di impotenza, stiamo sottraendo energia a noi stessi. Ogni volta che invece osserviamo “ok, il mio ego ha agito così, ma io sono altro” iniziamo a recuperare il nostro vero Sé, la nostra coscienza.

Una pratica di Mindfulness per osservare l’ego

Scegli una situazione della tua vita in cui ti sembra di agire con il pilota automatico, cioè in cui ti accorgi di fornire sempre la stessa risposta comportamentale all’esterno (per esempio, ogni volta che ti arrabbi con un partner o un figlio perché non fa cosa tu credi si debba fare, oppure ogni volta che non riesci ad accogliere un cambiamento perché credi che non sia giusto ecc.). Crea dentro di te un accordo con te stesso per ricordarti di prestare maggiore attenzione nel momento in cui avviene un fatto in cui fornisci questo tipo di risposta. Rallenta le azioni, e sforzati di osservare ogni dettaglio della situazione e del tuo apparato psico-fisico. Nel momento in cui accade, come ti senti nel corpo? Cosa pensa la tua mente? Quali sono le emozioni e le sensazioni che compaiono? Osserva senza interpretare, senza dare ulteriori etichette. Osserva in modo neutro e imparziale come se tu potessi sospendere ogni giudizio di merito. Sii vigile e attento alle sensazioni, alle percezioni, ai pensieri che passano. Tieni un diario in cui puoi appuntare tutto quello che hai osservato. Ripeti questa pratica ogni volta che si ripresenta una situazione simile. Abbi la pazienza di lavorare su un aspetto per volta, senza pretendere troppo da te stesso/a.

Avvolgere l’ego con la presenza consapevole significa innescare un potente processo di risveglio e di autoguarigione.

Dott.ssa Annalisa Chelotti