Il mondo delle emozioni sembra spesso essere qualcosa di sconosciuto, che fa piuttosto paura, da cui si preferisce rimanere alla larga. La maggior parte delle persone vive le emozioni come un incubo o non le vive affatto: in altre parole o ne veniamo travolti passivamente o si reprimono in modo da non sentirle.
In entrambi i casi, la vita diventa più difficile, in quanto una parte molto importante della nostra intelligenza viene “rimossa” o utilizzata in maniera disfunzionale.
Il cervello emotivo, ossia l’emisfero destro, viene dimenticato a favore della logica, della razionalizzazione, del “pensare”.
Cosa sono le emozioni e quali sono
In verità le emozioni sono una forza determinante per il nostro sviluppo psico-fisico e rappresentano un ponte tra spirito e materia: sono vibrazioni, immateriali, impalpabili, ma noi le sentiamo nel corpo, a livello anche fisico, per cui sono energie psichiche e fisiologiche al contempo.
Il principale studioso di emozioni, Paul Ekman, ha dedicato l’intera vita allo studio dei fenomeni emotivi, passando molto tempo presso tribù native nelle parti più remote del mondo, per osservare le loro reazioni di fronte a determinati eventi. Il mondo accademico e scientifico finalmente ha definito le emozioni come qualcosa di universale, vale a dire che appartengono a tutti gli esseri umani indipendentemente dalla cultura di appartenenza.
La definizione di Paul Ekman, accolta nella letteratura scientifica, è la seguente:
“Un’emozione è un processo di valutazione automatica, influenzata dal nostro passato evolutivo e personale, durante il quale sentiamo che sta accadendo qualcosa di importante per il nostro benessere, mentre una serie di cambiamenti psicologici e di comportamenti emotivi comincia a interagire con la situazione”.
Dunque un’emozione è qualcosa di automatico, di fisiologico, generato da una serie di risposte neuronali, cioè si attiva nel corpo senza l’intervento della nostra volontà cosciente, con la funzione di preservare il nostro benessere, attraverso dei cambiamenti immediati che avvengono nel corpo e nella nostra psicologia.
Si modificano infatti le espressioni facciali, il calore del corpo, l’attivazione di determinate aree piuttosto che altre.
Le emozioni universali che Paul Ekman ha definito sono 5:
- Paura
- Rabbia
- Disgusto
- Tristezza
- Felicità
Ogni emozione primaria ha una determinata funzione evolutiva, che risiede nella conservazione del nostro benessere psico-fisico. Dunque le emozioni servono, e in tutta la storia dell’umanità, sono state determinanti per la sopravvivenza e per l’evoluzione della nostra specie.
Senza la paura, che ci rende vigili, all’erta, non saremmo sopravvissuti ai pericoli. Senza la rabbia, che ci permette di raggiungere i nostri obiettivi, non avremmo saputo combattere per la nostra protezione.
Questi sono esempi di come l’emozione pura sia una forza importantissima per la nostra sopravvivenza e per la nostra evoluzione anche come singoli individui.
Perché è difficile regolare le emozioni
Quindi, dove sta l’inghippo? Perché le persone non sanno gestire le emozioni e addirittura non riescono a sentirle nel corpo?
Per comprendere questo strano fenomeno, dobbiamo focalizzarci sul condizionamento sociale che ognuno di noi riceve fin dalla nascita. Nella nostra cultura le emozioni sono qualcosa di “scomodo”, che non è ben accolto. Fin da piccoli ci spingono a trattenere le emozioni come se fossero demoni da eliminare in modo da poter finalmente lasciare la strada libera al pensiero razionale. Frasi come “non ti arrabbiare, non va bene”, oppure “non piangere sennò sei debole”, oppure “hai paura? Sei un fifone!”, e ancora “pensaci bene prima di decidere, non ascoltare la pancia!”.
Il giudizio sulle emozioni rappresenta il più grande meccanismo di addormentamento della coscienza umana. Oggi assistiamo a due fenomeni sociali, alle due estremità opposte, che comportano una grande incomprensione sulla vera funzione delle emozioni: da una parte c’è il mondo dello scientismo, ossia la iper-razionalizzazione della società, che spinge verso la venerazione del pensiero, cioè ci dice che l’intelligenza cognitiva è l’unica che conta (si pensi ai metodi di insegnamento ancora in essere nelle scuole di ogni ordine e grado); dall’altra c’è il mondo della spiritualità new age, che sostiene che esistono emozioni “inferiori”, negative, che fanno di noi degli inetti incapaci di arrivare all’illuminazione.
Milioni di persone sono analfabeti emotivi, ossia gente che ragiona, pensa, rumina, mentalizza, reprimendo ogni sensazione interiore. Milioni di persone invece vivono le emozioni in modo reattivo, ossia le scaricano all’esterno come se fossero un ferro bollente che non si può tenere tra le mani per più di un secondo. Dunque la paura diventa terrore o panico, la rabbia diventa aggressività e violenza, la tristezza diventa depressione e così via.
L’incapacità di sentire e regolare le emozioni genera confusione, incertezza, passività, impotenza, e ci porta verso una sorta di insensibilità che ci rende più simili a macchine che a esseri umani.
L’analfabetismo emozionale è qualcosa che si tramanda di generazione in generazione: un bambino può imparare a sentire e regolare le sue emozioni in modo sano solo se un genitore glielo insegna attraverso l’esempio, ossia solo se il genitore stesso è in grado di sentire e regolare le proprie emozioni; altrimenti il genitore entrerà in reazione ogni volta che il piccolo manifesterà le sue emozioni, e gli insegnerà dunque a reprimerle o a scaricarle all’esterno come uno tzunami.
Fino ai due anni, la nostra neocorteccia è in via di sviluppo, è un tempo in cui non c’è il pensiero logico, non si può dare un significato cognitivo a ciò che accade intorno a noi. Dunque viviamo solo di emozioni e di sensazioni corporee. Il dolore, la tristezza e la paura sono forze che ci attraversano senza filtri, e noi le viviamo in tutta la loro potenza senza poter fare niente, siamo inermi di fronte alle emozioni. Dunque crescendo, se non c’è una figura che ci aiuta ad accoglierle in modo sano, impariamo che sono forze “cattive”, negative, e quindi iniziamo a mettere in atto strategie inconsce di rimozione. Crescendo, continueremo a viverle come un impiccio sgradevole, e instaureremo una sorta di lotta interiore per tenerle a bada, rinchiuse da qualche parte.
I meccanismi mentali inoltre, una volta diventati adulti, ci forniscono in ogni momento delle fonti di stress che generano emozioni: la paura spesso è indotta da pericoli immaginari che si creano nella testa; la rabbia spesso è il prodotto di pensieri che ci dicono qualcosa di illusorio; la tristezza sovviene per i ricordi del passato o per le previsioni nefaste sul futuro.
In un essere umano sano, sveglio e disidentificato dalla sua mente, le emozioni accadono solo nel momento in cui c’è effettivamente un ostacolo tra noi e il nostro benessere.
Se invece continuiamo a vivere identificati con la mente, le emozioni sono continuamente indotte dai pensieri meccanici, dunque di fatto siamo degli schiavi emotivi.
Emozioni e funzione terapeutica
L’aspetto centrante delle emozioni è che hanno una funzione terapeutica inimmaginabile. Sono forse la principale porta per la guarigione interiore e per il risveglio della consapevolezza. Imparare a sentire le emozioni e ad accoglierle, significa reintegrare l’intelligenza emotiva e diventare esseri umani integri. Dato che la repressione emotiva è frutto dei traumi dell’infanzia, che generano a loro volta la costruzione dei meccanismi automatici della personalità condizionata, per guarire questi traumi e dunque imparare a disidentificarsi dalla personalità, è necessario passare dalle emozioni.
La presenza consapevole è l’alleata più grande in questo processo di guarigione. Ogni volta che sorge un’emozione dentro di noi, dobbiamo imparare a sentirla nel corpo, in tutta la sua forza, restando pienamente presenti, senza re-agirla all’esterno, senza reprimerla, senza giudicarla a livello mentale. Restare presenti alle emozioni ci permette di:
- Riconoscere come si manifestano dentro di noi da un punto di vista senso-motorio e corporeo;
- Sentire l’impulso reattivo che ci rende automatici e che ci costringe a re-agirle verso gli altri;
- Accorgersi che l’emozione è come una parabola: ha un’origine, cresce, giunge a un picco, e poi diminuisce fino a dissolversi, proprio perché è un’energia che attraversa il corpo;
- Comprendere con chiarezza il motivo per cui è sorta l’emozione (nasce da un evento reale e concreto o da una forma-pensiero?);
- Vedere la vera funzione dell’emozione stessa (cosa mi sta comunicando, di cosa ho bisogno, cosa posso fare per me stesso/a?);
- Risvegliare la consapevolezza e attivare l’intelligenza del Cuore, accedendo così a sentimenti animici di natura spirituale (per esempio la tristezza può trasformarsi in compassione, la rabbia in impeto guerriero, la paura in coraggio ecc.).
Da un punto di vista terapeutico, aiutare una persona a sentire le emozioni significa condurla lungo la strada della liberazione di forze represse nell’inconscio durante l’infanzia. Visto che da piccoli non sappiamo dove mettere queste emozioni e nessuno ci insegna cosa farci, noi abbiamo solo la possibilità di relegarle nell’inconscio in modo da sopravvivere nel campo in cui cresciamo.
In un percorso terapeutico, è necessario portare il paziente a sentire le emozioni nel corpo, sempre più nitidamente e intensamente, affinché possa liberare l’energia repressa nell’inconscio e finalmente essere libero di vivere una vita sana. La repressione inconscia porta infatti a determinati meccanismi di difesa, agiti attraverso la personalità, che rendono molti aspetti dell’esistenza difficili e molti comportamenti disfunzionali.
Dunque il mondo delle emozioni è molto affascinante, perché permette di fare un salto evolutivo e rappresenta la porta di accesso all’intelligenza del Cuore.
Il Sentiero dell’Essere ti offre un percorso di consapevolezza che prevede anche la guarigione emotiva e la liberazione delle emozioni represse, scopri la Scuola dell’Essere!