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Le impronte di nascita: un viaggio nell’utero materno

Nell’agosto del 2022 abbiamo organizzato, d’estate come tutti gli anni, una settimana di vacanza intensiva in presenza dal titolo: “Dalle radici al cielo” a Vibio, in Umbria. Sette giorni di esperienza condivisa e di intenso lavoro interiore, il tutto condito da un clima di leggerezza e armonia.

In quell’estate ho conosciuto Davide, un ragazzo di Roma col quale, immediatamente, si era creata una sintonizzazione sincronica e naturale.

Durante quella settimana ci siamo dedicati con Annalisa, a portare un laboratorio incentrato sulle impronte di nascita, ovvero quelle sfumature indelebili che creano meccanismi con i quali ci rapportiamo con il mondo e variano in base a come siamo stati accompagnati dal concepimento alla nascita.

 

In questo articolo riportiamo il racconto Davide, dove gli abbiamo fatto “rivivere” le ultime fasi della gravidanza e l’ingresso nel mondo terreno, aiutando i partecipanti a elaborare, in auto osservazione e presenza, i simboli che erano emersi.

Il laboratorio avuto luogo nella piscina della struttura insieme anche ad Elia Carli, massaggiatore ed esperto sui processi del corpo fisico in relazione alle emozioni e alla mente.

Vi lascio alla lettura del racconto scritto in prima persona da Davide che ha rievocato, in un tempo presente, cosa provò in quella esperienza

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La storia di Davide e la sua nascita

“Nella prima esperienza del giorno precedente – rivivere il concepimento – non avevo capito bene cosa fare e nonostante avessi chiaro il percorso fatto dallo spermatozoo per fecondare l’ovulo che ha reso possibile la mia incarnazione, oggi voglio assaporare la nuova esperienza, o meglio il prosieguo della precedente, con la maggiore rispondenza possibile dei miei sensi e delle mie emozioni.

 

Il lavoro fisico di Elia durante la mattinata mi ha consentito di realizzare la necessità di uscire dai binari mentali; un embrione/feto non può pensare come noi… ma sente tanto e vive intensamente.

Nel pomeriggio ci sediamo sul bordo vasca e Annalisa ci spiega cosa succederà. Luca ed Elia ci guideranno in questo percorso e si prenderanno cura di ognuno di noi.

A metà di un lato della vasca osservo incuriosito cosa succede ai miei compagni di avventura.

C’è chi piange, chi è contento, chi esce disorientato dall’esperienza.

 

Cerco di essere orientato su di me, su quanto riesco a essere “dentro” l’esperienza che sto vivendo.

Sento una specie di solennità nel percorso di immersione e mi affido totalmente alle braccia di Elia che inizia a cullarmi nell’acqua.

 

Ricordo la netta sensazione razionale – l’ultima del genere durante l’esperienza – di volermi affidare completamente per provare a rivivere la sensazione dell’utero materno.

Entrando in acqua provo la sensazione di leggerezza e galleggio sentendo sempre meno la pesantezza del mio corpo.

 

Spontaneamente immergo le orecchie in acqua e tutto si fa soffuso, lieve, ovattato e  incredibilmente piacevole. Vedo e sento le gambe fluttuare ma, ad un certo punto, tendo a rannicchiarmi in posizione che, senza accorgermene, diventa quella fetale.

È bellissimo essere lì, in una posizione nella quale sento tutto il calore del corpo che mi contiene. Ma, ad un certo punto, non mi contiene più. Il movimento che in precedenza era fluido ora è sempre più difficile, ma tuttavia la cosa non mi infastidisce perché la sensazione è comunque piacevole e non opprimente.

 

A un certo punto Annalisa mi conduce lentamente fuori dall’acqua, e sento il respiro, l’acqua e l’aria insieme e sono contento, anche se non mi è chiaro come ne sono uscito.

L’ho poi vissuto e capito due giorni dopo. Grazie ragazzi per questa incredibile esperienza”

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Il senso della nostra missione

Accompagnare Davide e gli altri partecipanti in un percorso così delicato e così potente nello stesso momento è stato indubbiamente uno dei momenti più intensi di quella settimana dove molteplici sono state le sensazioni e le emozioni vissute insieme, il che incoraggia noi a mantenere e portare avanti la nostra missione come “traghettatori” dall’esterno all’interno di noi, offrendo sempre più strumenti da poter utilizzare in autonomia per raggiungere quella libertà tanto anelata da tutti, ma ancora poco sperimentata.

 

 

Grazie a te, Davide, per esserti messo in gioco così coraggiosamente e per esserti donato anche in questo racconto.

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