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Praticare Mindfulness per integrare il lutto e le perdite

In questa dimensione di esistenza tutto è mortale, impermanente e soggetto alla legge circolare dell’inizio e della fine. Ogni essere vivente prima o poi muore.

Ma la sensazione di perdita non proviene solo dai lutti, proviene anche da situazioni che finiscono, come per esempio le relazioni, oppure dai grandi cambiamenti, come un trasferimento in un’altra città o un licenziamento da un lavoro: ogni volta che viviamo simili esperienze, c’è qualcosa che scompare, e spesso sentiamo dolore nel lasciar andare, nel saluto finale a ciò che non è più.

Molte persone purtroppo rimangono invischiate nella sofferenza, sviluppando dentro dei sentimenti come il risentimento, la malinconia, il senso di vuoto e il rifiuto della perdita stessa. Non riescono a elaborare il vissuto di dolore che ogni perdita porta con sé. Ma cosa significa veramente rielaborare un lutto o una perdita?

Saper stare in quello che c’è, così com’è

Il 21 ottobre 2025 è morta la mia gatta, che si chiamava Tittina. Lei era nata il 17 maggio 2006, da una gattina che avevo adottato, e ho assistito al suo venire al mondo con grande meraviglia e senso di sacralità. L’ho vista crescere attraversando le varie fasi di sviluppo, e da allora è sempre stata con me, seguendomi anche a Torino quando mi sono trasferita dalla Toscana. Ha iniziato a mostrare dei sintomi di insufficienza renale più o meno a inizio ottobre, le terapie non sono servite a molto, e in pochi giorni è dimagrita, e piano piano ha iniziato a perdere la sua energia vitale.

Quel mattino l’ho trovata sdraiata su un fianco, per terra, senza forze, ma ancora viva. Io e il mio compagno abbiamo subito capito che era arrivato il suo momento: l’abbiamo adagiata sul divano, abbiamo annullato tutti i nostri impegni, e siamo rimasti lì con lei, fino al suo ultimo respiro. Durante quelle quattro ore, le abbiamo donato tutto il nostro amore, e lei serenamente ha lasciato il corpo tra le nostre mani. 

Sono state ore molto dolorose, dentro di me sentivo freddo, nonostante la stufa accesa. Ondate di pianto hanno attraversato più volte il mio corpo, ma ciò che mi ha permesso di rimanere lì con lei, continuando a baciarla, accarezzarla, e a tenerle la zampina, è stato il modo con cui ho vissuto l’emozione di dolore.

Ci sono stata a contatto, non l’ho evitata, non l’ho repressa né trasformata in automatico in rabbia, non l’ho giudicata né nascosta. Sono stata in quello che c’era, così com’era, come in una danza in cui ti lasci andare al flusso di ciò che accade.

Dare un posto al dolore mi ha permesso di rimanere in contatto anche con l’amore che provavo in quel momento per quella fragile creatura, che mi ha donato tanto e che ha scelto di nascere e morire tra le mie mani. Amore e dolore insieme generano spazi di grande apertura del cuore, e attraverso questa accoglienza emotiva mi è stato possibile scorgere anche la bellezza collaterale della morte, come fase di trasformazione: non è una fine, è un cambiamento.

Lo spirito ritorna libero dalla materia, per poter poi tornare ad incontrare altra materia, in un ciclo infinito di incarnazioni evolutive. Mi è stato possibile vivere tutto come un rituale sacro, con gratitudine infinita.

Abbiamo cosparso il suo corpo di lavanda e oli profumati, lo abbiamo avvolto in un panno bianco, adornandolo di piume e fiori. Lo abbiamo deposto in una scatola, dopo averla benedetta con l’acqua santa, e abbiamo pianto la sua perdita, nell’amore, ringraziandola per tutto ciò che ci ha dato. Solo quando ci siamo sentiti pronti, solo dopo aver vissuto questo processo emotivo completamente, abbiamo portato il suo corpo presso il tempio della cremazione. 

Oggi, al posto della sua lettiera c’è una grande pianta. Al posto delle sue ciotole della pappa c’è un vaso pieno di fiori, e al posto del suo corpo fisico c’è una bellissima foto con le sue ceneri, che spargeremo, un giorno, quando sentiremo che è il momento.

Ogni tanto mi sembra di vederla da qualche parte, accovacciata sulla sua sedia preferita, o che si aggira nel bagno per cercare di bere dal bidet. Ogni tanto sento sulla pelle la sensazione del suo lungo pelo morbido. Ogni tanto un’ondata di dolore sale su, si scioglie in pianto, e poi si placa. Perché il vuoto resta ed è qualcosa da vivere per poterlo colmare della nostra consapevolezza. E anche adesso che scrivo queste righe, la sua immagine e i suoi occhi sono qui davanti a me, e una lacrima mi scende sul viso. Ma c’è anche il sorriso della bellezza, dell’amore che resta dentro per sempre. Il nostro Cuore è uno scrigno in grado di conservare l’amore per l’eternità.

Rielaborare un lutto è possibile solo se ci permettiamo di viverlo pienamente, di contenere dentro di noi tutta l’intensità del dolore e del senso di vuoto che resta dentro. Si tratta di essere presenti al nostro sentire, di non chiudere il cuore, di non arrabbiarci con la vita, di non evitare o rifiutare ciò che c’è, così com’è. 

Allargare il campo a tutti i tipi di perdita

Il processo che ho descritto è possibile anche quando viviamo il lutto di una persona cara, quando perdiamo qualcuno di importante perché se ne va via da noi, quando attraversiamo un cambiamento che ci costringe a lasciare qualcuno o qualcosa.

Quello che può cambiare, da un caso a un altro, è solo l’intensità delle emozioni. So che quando dovrò vivere il lutto dei miei genitori, per esempio, l’intensità del dolore sarà senz’altro più grande di quella che ho vissuto nei riguardi di Tittina. Ma la possibilità di rimanere presente a tale intensità, di viverla, di accoglierla con il cuore aperto all’amore, mi permetterà di rimanere ancorata anche alla bellezza, di conservare dentro di me la gratitudine, la grazia e la compassione. 

Nel momento in cui ci permettiamo una piena presenza al dolore, rielaboriamo le nostre perdite, ossia diamo loro un senso, un significato; accediamo a un piano di coscienza più allargato, che non prevede attaccamento, ma che lascia libera la vita di fluire nella sua perfezione, nel suo ciclo naturale di nascita e morte, di inizio e fine. Una consapevolezza allargata che ci permette di guardare gli eventi dagli occhi del Cuore, con una logica di perfezione, anziché dagli occhi duali della mente che incasella tutto tra il giusto e lo sbagliato, e che vive di aspettative di come dovrebbe funzionare la vita per non soffrire. 

Ognuno di voi può iniziare a praticare Mindfulness proprio nelle piccole cose di ogni giorno, nelle situazioni in cui accade qualcosa di piccolo ma che genera comunque un po’ di tristezza. Essere presenti all’emozione di dolore o di tristezza significa accorgerci che non coincidiamo con l’emozione ma nemmeno la reprimiamo. Ci rendiamo canale spazioso, in cui essa può fluire liberamente. Ed ecco che, in questo flusso emotivo, succede qualcosa di magico, accade una guarigione profonda, come se qualcosa dentro si distillasse e diventasse amore puro. In questo modo, nessuna perdita sarà mai fine a se stessa, nessuna morte sarà vana, ma tutto acquisirà un senso nel grande ciclo dell’esistenza.

Grazie Tittina, per tutto ciò che sei stata per me, e ancora oggi grazie per avermi permesso di scrivere questo articolo, come un atto di servizio

Questo intervento ha il solo fine di divulgare informazioni sull’essere umano e nuovi punti di vista, dando strumenti di conoscenza e di studio e strumenti della relazione d’aiuto, non è da considerarsi in alcun modo suggerimento medico o psicologico.

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