Nel mondo del lavoro interiore, l’incessante attività mentale completamente priva della nostra auto osservazione, viene spesso chiamata ruminazione mentale.
Ma oggi esistono anche numerose ricerche empiriche nel mondo della psicologia, e alcuni autori, dall’inizio degli anni 2000, hanno chiamato tale processo con il nome di Mind Wondering, ossia vagabondaggio mentale.
I primi ad utilizzare il termine Mind Wandering sono stati Smallwood e Schooler nel 2006, a cui sono seguiti molti altri ricercatori che si sono interessati al fenomeno, nel tentativo di rispondere ad alcune domande come il perché la mente vaga e quali sono gli impatti di tale vagabondaggio sulla vita delle persone.
Il fenomeno del Mind Wondering
È interessante considerare che trascorriamo fino alla metà della nostra giornata a vagare con la mente: ciò significa che il Mind Wandering costituisce gran parte della nostra esperienza mentale, lo sperimentiamo quotidianamente e occupa fino al 50% della giornata di veglia. In che modo il cervello ci permette di farlo?
La ricerca suggerisce che quando la mente vaga, le nostre risposte agli stimoli esterni vengono interrotte. Questa evidenza ci potrebbe far riflettere sulla valenza del fenomeno del mind wandering: ha una valenza positiva, negativa o duplice?
Interrompere il contatto con la realtà, diminuendo quindi la capacità di rispondere ad uno stimolo esterno ed abbassare il livello di vigilanza dell’organismo, può essere un fattore di rischio per l’individuo.
In altre parole, le risorse del nostro cervello vengono spostate dal qui e ora, da ciò che sta accadendo fuori e dentro di noi, e reindirizzate al nostro mondo mentale, il che ci consente di vagare mentalmente in un altro tempo e in un altro luogo.
Gli studi sperimentali hanno osservato che il Mind Wondering influisce su numerosi aspetti: sulla memoria e la concentrazione, sull’apprendimento, sulla focalizzazione nella guida o in altre mansioni importanti, sullo svolgimento di attività sportive, sulle prestazioni musicali e artistiche. Questo significa che, perdersi nei pensieri mentali, ci impedisce di essere pienamente presenti a ciò che stiamo facendo in un dato momento. Ma anche se non stiamo facendo niente, perché magari siamo in metro o sul divano, ci impedisce di rilassarci e riposarci veramente, in quanto genera una continua sollecitazione di mondi immaginari che stanno nel futuro o nel passato.
Inoltre, si è osservato che il Mind Wondering può essere intenzionale, e quindi consapevole, oppure “spontaneo”, ossia accidentale, nel senso che avviene da sé senza la nostra piena consapevolezza. In questo secondo caso i rischi sopra esposti aumentano.
Quando è intenzionale, potrebbe essere una scelta: ho deciso di fare un viaggio e adesso scelgo di pensare alla prenotazione degli spostamenti e degli alloggi in cui voglio passare le mie notti, oppure ho una serie di incombenze e decido di pensare a come distribuirle nella mia settimana per organizzarmi.
Il vagabondaggio accidentale invece è proprio il concetto di ruminazione: la mia mente vaga indisturbata dove vuole senza che io mi accorga del fenomeno, per cui la mia attenzione diminuisce e non sono più al 100% lì, in quello che accade.
Se poi la ruminazione prende una direzione “negativa”, come pensieri di lamento, giudizio, mancanza ecc., allora tutto questo si rifletterà anche sui miei stati d’animo.
Come utilizzare la Mindfulness per andare oltre la ruminazione
La mente non può essere fermata con la nostra forza di volontà.
Abbiamo fatto più volte l’esempio dell’effetto del processo ironico, in altri articoli, ideato dallo psicologo Daniel Wegner: se provi a non pensare a un elefante rosa, la tua mente si affollerà di tale immagine, e più ti sforzi, più sarà un chiodo fisso.
Il tentativo di sopprimere un pensiero specifico ne aumenta la frequenza, poiché la mente deve elaborare sia il divieto sia l’oggetto da evitare, quindi paradossalmente il divieto attira l’attenzione.
La mente si può solo imparare a osservare, e questo è il vero potere degli esseri umani. Una mente osservata, nel tempo diventa più composta, meno caotica. Se noi osserviamo la mente, acquisiamo più potere di scelta per orientarla verso un Mind Wondering intenzionale, quando serve, o verso un certo silenzio, quando occorre rallentare e riposare. L’osservazione è un’attitudine da coltivare, utilizzando l’attenzione consapevole in modo intenzionale.
Anziché lasciare che la nostra attenzione vaghi in modo incontrollato e si posi su pensieri casuali, scomposti e talvolta anche nocivi, noi possiamo imparare a direzionarla come fosse un faro, una luce.
La Mindfulness è una disciplina che serve proprio per questo intento: l’allenamento consiste infatti nel riorientare l’attenzione al respiro ogni volta che si perde nel Mind Wondering.
Si tratta di operare un training in due modalità: la prima, riguarda momenti meditativi in cui ci sforziamo di rimanere attenti al respiro e riportiamo l’attenzione sul respiro ogni volta che se ne va per i fatti suoi; la seconda riguarda momenti brevi in cui compiamo azioni ripetitive, come camminare da casa alla macchina, lavarsi i denti, vestirsi ecc., in cui riportiamo l’attenzione al momento presente, all’azione che stiamo compiendo, ai nostri sensi, alle sensazioni interne, osservando i pensieri che passano.
Nel tempo questo training ci permette di espandere la coscienza e di smettere di coincidere con i pensieri della nostra mente, migliorando notevolmente il nostro benessere e riducendo in modo visibile la ruminazione mentale, ossia il Mind Wondering casuale.

