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Il corpo come strumento di consapevolezza: ascolto e presenza

Negli ultimi decenni della nostra società occidentale, sta accadendo un fenomeno culturale che apparentemente potrebbe sembrare contraddittorio, alla cui base c’è la considerazione del corpo.

Rispetto al passato, il corpo è sempre più oggetto di attenzione, tramite processi di sana alimentazione, di cura della pelle, di procedure estetiche ecc. Ma dall’altra parte è anche sempre più mercificato: è diventato un grande business su cui speculare, per cui viene trattato dai più come un oggetto da utlizzare per entrare in relazione con il mondo. 

La maggior parte delle persone si identifica con il proprio corpo: sono troppo grasso, sono flaccida, sono brutto, sono bello ecc. Si definiscono in base alle caratteristiche del corpo. Ma è anche vero che la maggior parte delle persone è scollegata e disconnessa dal corpo, cioè non lo sente, non lo ascolta, non dialoga con lui. 

E questo è un grave danno perché non c’è possibilità di accesso a un linguaggio altro rispetto a quello logico razionale, un linguaggio intelligente capace di portare messaggi importanti di consapevolezza.

La coscienza del corpo

Le neuroscienze, negli ultimi vent’anni, hanno impiegato molta energia nella ricerca del luogo in cui risiede la coscienza. Grazie agli strumenti più all’avanguardia con cui viene studiato il cervello e in generale tutto il sistema nervoso umano, si è riusciti a individuare la sede di molte funzioni esecutive: il linguaggio, la memoria, l’apprendimento, le emozioni ecc. 

Ma riguardo alla coscienza no. Non si trova dov’è. Non c’è un’area del cervello che corrisponde alla coscienza di sé, ossia a quel senso di identità profonda e di consapevolezza che fa sì che un essere umano si percepisca come se stesso, si senta un “io” rispetto agli altri. Eppure, ognuno di noi possiede la coscienza di sé, e la possiede proprio perché si sente incarnato in un corpo, si percepisce e si guarda, si ascolta quando parla, osserva i propri pensieri, sente le emozioni, e tutto avviene nel corpo.

Numerosi filosofi, psicologi, antropologi, etologi, si sono dedicati allo studio del corpo e di come funziona. E tutti noi possiamo osservare che il corpo ha una propria intelligenza, che talvolta va anche in contrasto con la nostra volontà mentale. 

Vogliamo fare una dieta ma il corpo ha bisogno di dolci continuamente, vogliamo iniziare a fare sport ma il corpo non ne ha voglia, desideriamo fare un viaggio ma il corpo si prende una brutta influenza, vogliamo vivere in salute e poi il corpo si ammala o sviluppa dei sintomi. 

C’è poi da dire che nel mondo della spiritualità, spesso il corpo viene letteralmente separato dallo spirito, creando una dicotomia tra l’anima e il corpo fisico: si sente dire “sono un’anima immortale incarnata in un corpo mortale”, oppure “la mia essenza va oltre il mio corpo”. E sembra quindi che siamo fatti di due parti scisse

E quindi come usciamo da questo conflitto? Siamo la volontà che desidera delle cose, siamo anima immortale, oppure siamo corpo fatto di carne e sangue? 

Se ci rifacciamo agli studi di psicologia e di neuroscienze, e cerchiamo di metterli insieme ad alcune correnti filosofiche, possiamo forse trovare un punto di consapevolezza riguardo il nostro corpo e la nostra natura. 

Freud e Jung, così come molti altri psicanalisti successivi, hanno compreso che nel corpo vivono delle memorie rimosse in periodi preverbali infantili, e che dialogano con noi attraverso dei sintomi. 

Alcuni filosofi come Schopenhauer ci portano a vedere che il corpo ha un suo linguaggio, una sua intelligenza. Le neuroscienze ci dicono che la coscienza è in tutto il corpo, non ha una sede precisa. 

Le antiche tradizioni orientali, come la medicina tradizionale cinese, ci dicono che ogni organo ha una coscienza, un “chi”, un’energia vitale che dialoga con il resto del corpo e con il cervello. 

E questo guarisce, se per guarigione intendiamo un’espansione di coscienza in cui ci sentiamo più integri, connessi, confidenti, intimi con noi stessi, più completi.

A volte le persone mi dicono: “mi sento come una montagna, saldo in me stesso”, oppure “sento vibrare un’energia vitale nel corpo che mi fa sentire vivo e connesso”, o ancora “mi sento stabile e rilassato”. Nella maggior parte dei casi, sono sensazioni del tutto nuove che le persone non hanno mai provato.

A mio avviso è questa la guarigione: non si tratta di risolvere un sintomo o di cambiare un comportamento, si tratta di compiere un salto di coscienza che ci riunisce al nostro cuore e che ci fa ricordare chi siamo davvero: un essere unico, che splende come una stella, degno d’amore indipendentemente dai fatti e dai vissuti accaduti.

Dunque possiamo dire che il corpo non è un oggetto passivo, non è nemmeno una parte scissa dalla nostra anima spirituale: il corpo è coscienza e anima insieme. La fisica quantistica riconosce il vuoto nella materia: ecco che in quel vuoto circola lo spirito, l’essenza, la coscienza. Nei nostri atomi, nel nostro DNA, nelle cellule risiede la coscienza, l’essenza.

La coscienza del corpo

Da tutte queste riflessioni, che inevitabilmente sono molto sintetizzate, perché sull’argomento si potrebbe scrivere una decina di libri come minimo, possiamo intuire l’importanza di imparare ad ascoltare il nostro corpo con consapevolezza, a instaurare un dialogo analogico con le nostre cellule, a calarci nel corpo con la sensazione di essere vivi. 

Non possiamo farlo se non impariamo a essere presenti, consapevoli di ciò che accade e che si muove nel corpo da uno spazio di auto-osservazione. 

La Mindfulness è una disciplina utilissima per iniziare questo processo di connessione e sintonizzazione con il nostro corpo. Si tratta proprio di allenarsi a dirigere la nostra attenzione verso il corpo, al fine di instaurare una relazione più confidente e amorevole con esso. 

Gli esercizi di presenza previsti nel protocollo della Mindfulness sono semplici ma molto potenti: si parte intanto dal sentire il respiro, che accade nel corpo, che muove il corpo, che lo anima. 

L’attenzione sul respiro è un’ancora che permette di orientarci al qui e ora, a ciò che accade nel corpo, a ciò che si sente nel corpo. 

Un altro metodo potente contenuto nella Mindfulness riguarda per esempio la camminata consapevole: mentre cammino sono presente al corpo, ai movimenti, alle sensazioni.

Un altro ancora è la Mindful Eating: mangiare in piena presenza con l’attenzione attiva sui sensi e sulla relazione tra noi e il cibo.

Questo genere di training sviluppa coscienza di sé, ossia permette di sentire sempre di più il corpo, di abitare il corpo, che è il teatro dentro cui tutto accade: emozioni, sentimenti, riflessioni, intuizioni. Essere e sentirsi nel corpo fabbrica la consapevolezza spirituale di sé: ci possiamo sentire essenza solo nel corpo, altrimenti è un pensiero mentale e basta. 

Ci possiamo percepire immortali solo nel corpo, altrimenti è solo un credo.

Nella Scuola dell’Essere, la disciplina della Mindfulness viene appresa e sperimentata per un anno intero, e questo infatti permette di compiere dei potenti salti di coscienza nelle persone. 

In questi anni abbiamo visto accadere profonde trasformazioni negli allievi della Scuola, non tanto perché hanno stravolto la loro vita, quanto perché hanno ampliato la loro coscienza. 

La Mindfulness è una disciplina di consapevolezza che richiede tempo e allenamento, esattamente come quando vogliamo davvero sviluppare dei muscoli in palestra. 

Sentire e abitare il corpo, dunque, è la chiave di svolta per sentire e abitare la nostra coscienza: non c’è separazione. 

Questo intervento ha il solo fine di divulgare informazioni sull’essere umano e nuovi punti di vista, dando strumenti di conoscenza e di studio e strumenti della relazione d’aiuto, non è da considerarsi in alcun modo suggerimento medico o psicologico.

Questo intervento ha il solo fine di divulgare informazioni sull’essere umano e nuovi punti di vista, dando strumenti di conoscenza e di studio e strumenti della relazione d’aiuto, non è da considerarsi in alcun modo suggerimento medico o psicologico.

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