Ogni anno, puntuali, ci troviamo sulla soglia.
Salutiamo il tempo che si chiude con il cuore carico di aspettative, spesso galvanizzati dall’idea che il nuovo anno possa finalmente sciogliere le fatiche, le sofferenze, le ferite lasciate da quello che se ne va. Come se bastasse un numero che cambia per mutare il destino. In realtà, ciò che celebriamo non è solo una data, ma un archetipo antico: la fine che prepara l’inizio, la morte che apre alla rinascita, il vuoto che rende possibile il nuovo.
La festa nasce proprio da questa necessità profonda dell’essere umano: dare forma al tempo, dividerlo in cicli, per poter attraversare il cambiamento senza smarrirsi.
Fin dalle origini, l’umanità ha riconosciuto questo passaggio come sacro. Non un semplice evento sociale, ma un momento di contatto con le leggi della Natura e dello Spirito, celebrato attraverso riti che, pur mutando nei luoghi e nelle epoche, conservano un’identica intenzione: purificare, propiziare, ascoltare.
Lasciare andare: il fuoco che porta via il vecchio
I riti di fine anno hanno spesso avuto una funzione apotropaica: scacciare il male, liberare il campo da ciò che appesantisce, permettere al nuovo di emergere.
Fuoco, rumore, gesti simbolici: legni ardenti lanciati nella notte, bastoni agitati negli angoli delle case, colpi che fendono l’aria per dissolvere le ombre. Fantocci bruciati, spiriti allontanati, oggetti inutili gettati via. Ovunque, l’essere umano ha compreso che nulla può nascere se prima non viene lasciato andare ciò che è compiuto.
Anche la Roma Antica celebrava questo passaggio espellendo simbolicamente l’anno vecchio, incarnato in un uomo anziano, mentre ancora oggi, allo scoccare della mezzanotte, il gesto di buttare ciò che è rotto racconta il bisogno arcaico di alleggerirsi.
Invocare il nuovo: il desiderio che chiama la vita
Accanto alla purificazione, l’umanità ha sempre affiancato l’augurio.
Riti semplici e solenni insieme: preghiere per la fertilità della terra, offerte agli spiriti, gesti simbolici per invocare prosperità, salute, abbondanza. Dal camminare seguendo il percorso del sole, al rinnovare il fuoco sacro, allo scambio di doni come segno di continuità e fiducia. Il dono, la strenna, nasce proprio qui: non come consumo, ma come atto di riconoscimento reciproco, come augurio incarnato.
E se oggi tutto questo si è ridotto a brindisi, lenticchie, uva contata chicco dopo chicco, il senso profondo rimane: cominciare bene per permettere al bene di continuare.
Ascoltare il destino: il tempo che parla
In molti luoghi, il passaggio dell’anno era anche tempo di ascolto.
Si interrogava il futuro, si osservavano segni, si lasciava che il mistero parlasse attraverso simboli: oggetti lanciati, uova che si dischiudono nell’acqua, semi, passi, soglie. Non per controllare il destino, ma per riconoscere il dialogo invisibile tra l’umano e il divino. In Babilonia, il dio proclamava il destino annuale; altrove, il popolo cercava di coglierne l’eco. Sempre con la consapevolezza che il tempo non è lineare, ma vivo, e che ogni anno porta con sé un insegnamento.
Onorare chi non c’è più: la continuità dell’anima
In molte tradizioni, il capodanno è anche tempo di memoria.
Fuochi accesi per guidare i morti, tavole imbandite per gli antenati, porte lasciate socchiuse perché il confine tra i mondi si assottiglia.
Non per paura, ma per riconoscere che la vita non si interrompe, cambia forma. Anche il cristianesimo, pur con un calendario differente, conserva questo respiro: il ringraziamento per ciò che è stato e l’invocazione dello Spirito affinché illumini il cammino che inizia.
La spirale del tempo: fine e inizio come rinnovamento eterno
La fine dell’anno non è una chiusura definitiva.
È una soglia, un passaggio nella spirale infinita della realizzazione del piano divino. Ogni ciclo non ci riporta indietro, ma più in profondità, più in alto, più consapevoli. Morire a ciò che è stato per rinascere a ciò che può essere: questo è il vero rito.
Due semplici rituali per attraversare la soglia
Primo rituale – L’intenzione
Scrivi il tuo desiderio per il nuovo anno in modo chiaro, essenziale, sincero.
Alla mezzanotte, brucia il foglio in un contenitore resistente al fuoco e accompagna il gesto con queste parole:
In accordo con le leggi dell’Universo,
sono qui a cocreare il mio nuovo anno.
Che la mia intenzione di …
sia sigillata nello spazio e nel tempo
e resa certezza fin da ora.
Così è, così è, così è.
Ringrazia e lascia andare.
Secondo rituale – La meditazione del silenzio
Cinque minuti prima e cinque dopo la mezzanotte.
In piedi o seduti, soli o in cerchio, porta l’attenzione al respiro. Ascolta.
Raccogli l’energia del momento, anche quella caotica dei festeggiamenti, e portala nel cuore. Da lì, lasciala fluire verso ciò che desideri nutrire.
Concludi con un augurio: agli altri, e soprattutto a te stesso. Perché ogni vero inizio nasce dal silenzio.
Auguri di buon attraversamento.
Luca Capozza

