Consapevolezza di sé: come svilupparla per vivere questo momento storico

Tante volte abbiamo sentito parlare di consapevolezza di sé, ma chi, davvero, ci ha spiegato cosa significhi questo termine? Che differenza c’è tra “me” e “sé”? Basta sapere ciò che ci accade per essere consapevoli? E cosa significa essere consapevoli quando di fronte si presenta un qualcosa di inatteso, sconosciuto, che mai ci saremmo aspettati?

Carl Gustav Jung diceva: “La tua visione diventa chiara solo quando guardi dentro il tuo cuore. Chi guarda fuori, sogna. Chi guarda dentro, si sveglia.” E questo sarà proprio quello di cui parlerò in questo articolo, dunque, buona lettura.

Come sviluppare la consapevolezza di sé

Per poter sviluppare una consapevolezza di sé occorre, anzitutto, capire che tutto quello che facciamo, tutto quello che pensiamo, tutto quello che mettiamo in atto in una forma di automatismo nient’altro è che un programma che si ripete, all’infinito.

Programma? Esattamente. Del resto il nostro cervello non è forse un computer? Un agglomerato di massa intelligente che codifica impulsi elettrici elaborandoli, poi, in pensieri e azioni.

Ma ogni nostro pensiero, ogni nostra azione è l’inevitabile elaborazione secondo un’installazione ben precisa. Se un computer non ha programmi installati sarà impossibile che possa darci risultati che soddisfino le nostre necessità, così succede nel nostro cervello.

Allora la domanda interessante è: ma quali sono questi programmi e chi li può installare?

Questi programmi sono “usi” e “abitudini”, “cultura” e “tradizioni”, “modus superandi” e “morale”: tutti programmi inseriti nei primi anni di vita, fino ai 7, più specificatamente. Infatti è proprio in questi anni di vita che si forma il deposito del nostro inconscio, o superconscio, ovvero una sorta di “cantina” dentro alla quale, nascosti e celati, si muovono indisturbati quelli che possiamo anche definire “condizionamenti”.

Allora quale collegamento c’è tra i condizionamenti e la consapevolezza?

E questo è il primo, vero, grande scoglio. Se tutti noi viviamo di condizionamenti, dati appunto da usi e costumi, conformità alle regole del posto dove viviamo e dell’ambiente famigliare dove veniamo cresciuti, la nostra autenticità qual è?

Se noi fossimo cresciuti in un villaggio sperduto dell’Africa, vestiremmo come stiamo vestendo ora? Ci piacerebbero le cose che mangiamo ora? Valuteremmo le cose come le valutiamo ora? Certo che no, dunque perché noi proviamo quello che proviamo? In altre parole, perchè io credo che i miei condizionamenti, ormai automatici, siano la verità della mia essenza? Sono il mio “me” o il mio “sé”?

Consapevolezza di sé: come capire il mio sé

Possiamo dire che se io parlo di “me” definisco la mia personalità, in termini più corretti il mio ego. Una sorta di identificazione di ciò che dovrei essere e di cui mi sono convint@ di essere.

Ritornando alla definizione di Carl Jung potremmo dire che l’ego è l’eterna illusione che cerchiamo, per tutta la vita e disperatamente, di raggiungere, nella speranza di vederci, un giorno, come pensiamo si debba essere: un buon atleta, una brava persona, il migliore altruista, quell@ che non si fa mai fregare etc… E su questa scia possiamo trovare un sacco di tecniche motivazionali che possono condurci a questo eterno sogno, facendoci raggiungere, di tanto in tanto, anche eccelsi risultati. Peccato, però, che non riescano a essere stabili nel tempo.

Allora ecco che il “Sé” inizia a farsi strada, come una sorta di piccola vocina interiore che comincia a portare il dubbio che forse noi siamo altro, e così entra in gioco, finalmente, la tanto nominata consapevolezza.

Perchè quando ci accorgiamo che ciò che stiamo facendo non corrisponde completamente al nostro sentire, che si manifesta come una sorta di insoddisfazione, di disturbo fisico, di apatia o distrazione, noi facciamo cadere, dai nostri occhi, una sorta di velo invisibile che, tuttavia, impediva alla nostra vista di vedere oltre la nostra mente, ovvero oltre ciò di cui eravamo tanto convinti e che facevamo per automatismo.

Ed è qui che il tutto prende una forma diversa, e quando proviamo a seguire quella strada, a volte anche con grande fatica, tutta la nostra vita assume un significato molto più profondo e meno superficiale di una semplice, quanto artificiale, gloria agli occhi degli altri.

consapevolezza di sé

A questo proposito potrebbe essere molto interessante vedere un film del 2016: Captain Fantastic, con Viggo Mortensen. A tratti un po’ estremo, ma molto interessante dal punto di vista delle costruzioni e dal linguaggio della società, la quale, identificata completamente nelle sue regole, non riconosce la diversità e, quindi, cerca di controllarla in nome dell’ordine e del rispetto; un rispetto che, però, contempla solo le regole proprie e di chi ne fa parte, prendendosi anche i diritti di vita e di morte.

Ed eccoci arrivati al momento più interessante di questo articolo, cioè come sviluppare la nostra consapevolezza del “sé” in un momento storico tanto complesso come quello in cui stiamo vivendo.

Allora scopriamo, insieme, come si può fare.

Consapevolezza di sé e questo momento storico: pandemia tra assenso e protesta

Tutti noi abbiamo vissuto uno dei momenti più incredibili dell’intera esistenza umana, nonostante ci siano stati altri vissuti altrettanto incredibili, ma sicuramente diversi.

Pochi di noi erano pronti ad affrontare ciò che sarebbe avvenuto nel mondo, e questo ha fatto sì che la nostra impreparazione ci desse una grandissima opportunità, cioè quella di mettere in gioco tutte le nostre risorse e far scendere in campo un confronto epocale tra paura e coraggio, confusione e presenza, nevrosi della personalità e consapevolezza del “sè”.

Proprio così: durante la quarantena abbiamo avuto modo di fare la prova del nove e vedere a che punto della nostra ricerca interiore fossimo. Per esempio tu che stai leggendo, come hai vissuto i due mesi di chiusura forzata, indipendentemente che lavorassi o meno, ti spostassi per lavoro o fossi costrett@ a stare a casa?

  1. In pieno panico e senza sapere, a volte, cosa potessi o non potessi fare;
  2. Ero spaventat@ ma ho cercato di controllare i miei nervi e di dire: ce la faremo;
  3. Ho sofferto l’impossibilità di essere liber@, ma mi sono adattat@ e ho dedicat@ del tempo a me stess@ e ai miei affetti;
  4. Avevo paura, anche perchè ho perso delle persone care;
  5. Ero fiducios@ ma ho perso delle persone care, dunque mi sono spaventat@;
  6. Ero seren@ e posso dire di aver vissuto uno dei momenti più belli e controversi della mia vita, nonostante la sofferenza che osservavo intorno a me;

Indipendentemente dalla risposta che hai dato (non è un gioco a premi, dunque non hai vinto nulla), ciò che è importante riconoscere è quanto si sia in grado di rimanere resilienti nonostante tutto, accada ciò che accada.

Questo è il vero grande segreto per ritornare all’unità di cui facciamo parte tutti, il nostro “sé”, evitando così che la dualità della nostra personalità ci renda, più o meno forzatamente, schiavi delle nostre emozioni senza controllo e delle nostre convinzioni.

Crediamo che sia giusto mettere una mascherina, per esempio? Facciamolo in totale presenza e osserviamo, dentro di noi, cosa accade quando vediamo chi non la indossa, chiedendoci se, forse, sia stat@ format@ da programmi diversi dai nostri.

Crediamo che indossare la mascherina sia dannosa per il nostro organismo, più del virus? Allora, in totale presenza, non indossiamola, assumendoci la responsabilità della nostra azione e osservando chi la indossa, chiedendoci se, forse, sia stat@ format@ da programmi diversi dai nostri.

Crediamo che sia essenziale rispettare la nostra libertà e altrettanto quella degli altri? Allora, in totale presenza, indossiamo la mascherina in contesti in cui le regole dicono questo e togliamola dove possiamo vivere la nostra libertà, osservando quali emozioni proviamo e in quale direzione ci portano.

Del resto non esiste una sola, assoluta realtà, che ce la vogliano raccontare o meno: lo dimostra il fatto che in questa quarantena c’è chi ha vissuto un incubo e chi, invece, un sogno a occhi aperti. Quale delle due è più vera? Nessuno può dirlo, ma possiamo certamente sostenere che la presenza si può sviluppare in ogni realtà vissuta, questo è certo.

Allora proviamo a fare un salto un po’ più in là della nostra personalità, magari con un buon esercizio mindfulness, e ricordiamoci sempre che “il semplice accettare il fatto che io sono responsabile di qualsiasi cosa sono è l’inizio della consapevolezza. Inizi a uscire dallo stato di ubriacatezza nel quale hai vissuto per secoli…” parole di OSHO.

consapevolezza di sé

Consapevolezza di sé e la meditazione della montagna

Hai mai sentito parlare della meditazione della montagna? Una pratica, questa, che ci aiuta a centrarci soprattutto in momenti turbolenti della nostra vita. Infatti immaginare e incarnare la stabilità di una montagna, ferma e resiliente, ci allena a essere presenti alle condizioni avverse del mondo e a quelle interiori.

Questa pratica richiede un tempo piuttosto limitato, facile da trovare in qualsiasi momento della giornata, di circa 15 minuti, ma possiamo dedicarci il tempo che riteniamo più opportuno o che rispecchi al meglio le nostre esigenze. Dunque sei pront@?

Sediamoci in una posizione comoda ma con la schiena dritta, accertiamoci che il nostro corpo non abbia resistenze di tensione in nessuna sua parte al contatto con la sedia, la parete, il pavimento o altro, facciamo tre respiri profondi e chiudiamo gli occhi…

Immaginiamo ora una montagna, che ai nostri occhi sia maestosa e meravigliosa. Può essere una montagna che già conosciamo o che, semplicemente, abbiamo visto in foto, che abbiamo scalato o, solo, immaginato.

Osserviamo la base della montagna che affonda le sue radici nella crosta terrestre, fino alla vetta che si staglia imponente nel cielo, occupando il suo posto nel paesaggio. Osserviamo ora le caratteristiche della montagna: la solidità, la magnificenza, l’immobilità, la bellezza, il suo perdurare nel tempo.

Pensiamo al tempo che scorre, al susseguirsi del giorno e della notte. Ai cambiamenti climatici che la montagna attraversa, stagione dopo stagione, anno dopo anno, mentre lei resiste al suo posto, imperturbabile, immobile, di fronte a qualsiasi condizione.

Immaginiamo ora di essere la montagna, mentre siamo in posizione seduta con i piedi appoggiati al suolo. Il nostro corpo è la maestosa massa della montagna, imponente, solidamente unita alla terra. Le nostre braccia sono i pendii della montagna, la nostra testa è la cima, imponente, che si staglia nel cielo.

Osserviamo le nostre qualità, simili a quelle della montagna. Sentiamoci come lei, incarniamo l’immobilità, la solidità, la bellezza e la presenza, imperturbata dal cambiare delle condizioni atmosferiche. Siamo qui da tanto, tanto tempo. Anche noi cambiamo, come tutte le cose, ma lo facciamo molto lentamente, nei secoli.

Immaginiamo di lasciarci toccare dalla pioggia, dal sole, dalla neve e rimaniamo presenti, maestosi, a ciò che si manifesta, senza tentare di resistere né di fuggire. Possono verificarsi turbolenze, alti e bassi, eventi della vita, fuori e dentro di noi. In qualsiasi condizione, noi siamo in pace e saldi come la montagna.

Quando la mente vaga, riconduciamola con gentilezza alla sensazione di essere una montagna. Se preferiamo, possiamo rimanere un po’ concentrati sulla montagna nella nostra mente, prima di riprendere a percepirla nel corpo. Non forziamo le percezioni. In questa pratica l’importante non è sentirci a tutti i costi come la montagna: si tratta di un invito a coltivare una qualità piuttosto che forzare una percezione.

Immaginiamo ora che sia primavera. Osserviamo cosa si prova a essere una montagna in questa stagione, quando la vita si risveglia ovunque e il sole inizia a riscaldare i nostri pendii. Alcune giornate sono calde e soleggiate, altre volte il tempo cambia, tornando a essere nuvoloso e freddo. Noi siamo sempre lì, di giorno e di notte e sperimentiamo, con solidità e fermezza, tutti i cambiamenti che avvengono su di noi e intorno a noi.

Immaginiamo ancora l’estate che avanza. Le giornate sono sempre più calde, gli animali cercano riparo all’ombra, i torrenti sono sempre più asciutti.

All’improvviso arrivano i temporali, che si scatenano in tutta la loro forza, con il vento, i fulmini e la pioggia. Poi torna il sereno. L’aria si rinfresca, il cielo è terso, i torrenti rigonfi d’acqua. E noi siamo qui, ad osservare, giorno dopo giorno. Immobili e solidi, riceviamo tutto ciò che accade.

Immaginiamo ora l’autunno alle porte. Le notti iniziano a essere fresche. Le foglie degli alberi iniziano a mutare, gli uccelli a emigrare. Ogni giorno è diverso. La pioggia è frequente, batte sulle foglie che cadono dagli alberi, ricoprendo il terreno. Spesso le nuvole basse ci avvolgono completamente. E mentre tutto ciò avviene, noi restiamo fermi e immutati.

Fa sempre più freddo. Cade la prima neve, che ci ricopre completamente. Tutto cambia aspetto. Il vento è freddo, i torrenti sono ghiacciati. Ma noi riusciamo a ricevere tutto, impavidi e immobili. Stiamo per un po’ con l’esperienza della montagna in inverno.

Ecco che le giornate di sole iniziano a sciogliere, gradatamente la neve, scoprendo la terra nuda sotto. Osserviamo i primi germogli, la vita che si sta risvegliando. La primavera è di nuovo alle porte…

Quando sentiamo di aver esplorato ogni stagione, concludiamo la meditazione riportando l’attenzione al corpo, al respiro e riorientando i nostri sensi anche all’esterno di noi come ascoltando i suoni o i rumori intorno a noi, la temperatura del posto dove ci troviamo, il contatto del nostro corpo a dove siamo seduti etc… e quando ci sentiamo pronti riapriamo, lentamente, gli occhi, cercando di mantenere, quando ci alziamo, la sintonia con le qualità della montagna.

Ogni volta che lo ricordiamo, soprattutto nei momenti difficili e di stress, riportiamo l’attenzione a questa consapevolezza: questo ci permette, in pochissimo tempo, di renderci consapevoli di quanto stiamo vivendo e di quanto i pensieri condizionino, di fatto, le nostre emozioni.

Se, in ogni caso, vuoi avere informazioni più dettagliate o, ancora meglio, vuoi sperimentare la meditazione della montagna, non esitare a contattarci: la consapevolezza deve essere parte integrante della vita di tutti.

Parola di Luca! 😉