La maggior parte delle persone associa il concetto di disciplina con il senso di dovere e la costrizione, sviluppando una sorta di allergia a questa attitudine umana.
Tra le credenze più comuni, c’è quella che dice che ribellarsi e disobbedire ci renda più attraenti agli occhi degli altri. Dunque pensiamo di essere scaltri quando restiamo a letto fino a tardi inventando una scusa al lavoro, oppure quando ci concediamo una grande abbuffata perché è proprio l’occasione giusta. Di contro, è spesso molto faticoso fare sport, mantenere un certo rigore nella puntualità, dedicare del tempo allo studio ecc.
Siamo una società orientata alla produzione compulsiva, e per compensazione adoriamo distrarci perennemente con piccoli e ripetuti svaghi: Netflix e divano, acquisti compulsivi on line, scroll infiniti di video sul telefono.

La relazione con gli obiettivi e i risultati da raggiungere
Porsi degli obiettivi o desiderare dei risultati diventa molto difficile senza la sana disciplina, perché la nostra personalità tende sempre e solo alla comodità, è piena di vizi e di abitudini depotenzianti, ci porta un sacco di bisogni effimeri e non collabora certo alla nostra auto-realizzazione.
Per la nostra personalità il senso del dovere è un dramma, ci fa sentire piccoli, succubi, impotenti, e spesso avvengono due reazioni opposte e contrarie: o la cieca obbedienza a doveri provenienti dagli altri o la ribellione totale nei confronti di ogni apparente imposizione.
Dunque i nostri obiettivi e i risultati che perseguiamo sono piccoli, deboli, non possiedono forza creativa né la sostanza dell’immortalità. C’è chi si prefigge di arrivare a fine mese senza finire i soldi dopo tre giorni dalla riscossione dello stipendio; c’è chi desidera ottenere una fantomatica rendita automatica per vivere in eterno su una spiaggia caraibica, c’è chi spera di vincere alla lotteria e chi crede ancora nell’arrivo del principe azzurro che salva capre e cavoli.
Allora possiamo chiederci adesso: “cosa sono davvero gli obiettivi? E cosa invece la disciplina?”.
Un essere umano sveglio, che si è connesso con la propria coscienza e vive in presenza le sue giornate, sa riconoscere dentro di sé i veri obiettivi, che riguardano la missione che deve compiere qui in questa vita; e sa anche coltivare l’attitudine alla disciplina, ossia quella capacità di osservare e governare i meccanismi della personalità.

L’essere umano del futuro
Oggi siamo chiamati a incarnare l’essere umano del futuro, ossia una creatura presente a se stessa, capace di discernere con il cuore cosa serve e cosa no, in ogni istante della vita. E’ una creatura che sceglie di svegliarsi a una certa ora perché serve, sceglie di compiere determinate azioni, anche se scomode, perché servono. Sceglie di lasciar andare certe abitudini, certi vizi, certe assuefazioni, perché non servono.
Ma cosa si intende per “serve” o “non serve”?
L’essere umano del futuro sa di essere al servizio di qualcosa di più grande, sente nel cuore il richiamo a servire l’umanità attraverso l’espressione delle sue qualità e della sua specifica sfumatura, conosce le leggi universali e dunque sa sottostare ad esse senza negarle. In sintesi, è connesso alla coscienza divina e sa che è qui in nome e per conto di Dio.
Ecco che la disciplina è quella qualità del nostro essere profondo, che ci permette di riconoscere cosa serve e cosa non serve al fine di realizzare al meglio la nostra missione e dunque metterci “al servizio” nel modo più funzionale per la missione stessa.
Del resto l’etimologia della parola stessa ci riporta al tema del servizio, perché proviene dal latino ed è una derivazione di discipulus, ossia discepolo.
Siamo discepoli al servizio, dunque la disciplina è la nostra vera natura interiore.
La disciplina ci permette di raggiungere gli obiettivi e i risultati desiderati, non tanto dalla nostra mente terrena, che tuttalpiù desidera il nuovo smartphone ultimo modello, bensì della nostra essenza più profonda, l’Anima.
Per coltivare la disciplina è necessario fare un incessante lavoro interiore di risveglio della consapevolezza per imparare a osservare la personalità e poter creare spazio tra noi e la personalità stessa. Solo così scopriamo chi siamo e possiamo governare meglio i nostri corpi terreni. Il filosofo armeno Georges Ivanovič Gurdjieff aveva immaginato di poter parafrasare l’essere umano attraverso la metafora della carrozza, associando il nostro corpo fisico alla struttura materiale della carrozza, il nostro corpo mentale al cocchiere, che conduce la carrozza dove vuole, e il nostro corpo emotivo ai due cavalli che possono sottostare al cocchiere (mente) oppure possono imbizzarrirsi e soverchiare l’ordine gerarchico. Dunque chi c’è dentro questa carrozza? Chi è il passeggero? In questa metafora, colui che dovrebbe dare indicazioni sulla direzione da prendere è l’Anima. Ma se il cocchiere e i cavalli fanno troppo rumore, la voce del passeggero non arriva. E la carrozza potrebbe andare alla deriva.
La disciplina è l’attitudine che ci permette di dare voce al nostro passeggero interiore affinché i nostri corpi terreni non si perdano nel buio dell’addormentamento e non ci conducano verso una vita misera, sbiadita, fatta solo della dualità conflittuale tra piacere e dovere.